La rinascita del tennis ungherese

Mate Valkusz

di Federico Principi

L’Impero Austro-Ungarico era un’antica superpotenza europea in ambito geopolitico. Noi italiani ce lo ricordiamo bene, dato che sconfinava sui territori poi conquistati a seguito della Prima Guerra Mondiale (Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia), e molti lo hanno rievocato dopo i recenti sorteggi dell’Europeo di calcio, che hanno messo di fronte, ai gironi, proprio le due nazioni mitteleuropee.

Il rispettivo (scarso) successo nel tennis non ha rispecchiato l’ormai arcaica dominanza politica. Gli appassionati di tennis si ricordano però la felice eccezione dell’austriaco Thomas Muster (vincitore del Roland Garros 1995 e numero 1 per 6 settimane), quelli più attempati invece (e sono pochi ormai) non hanno probabilmente dimenticato il leggendario ungherese Jozsef Asboth, campione a Parigi nel 1947 e semifinalista a Wimbledon l’anno successivo, o magari il suo connazionale Istvan Gulyas, finalista sempre al Roland Garros ma nel 1966.

Il passato del tennis ungherese è stato florido mezzo secolo fa ma avaro in tempi recenti. Eppure il futuro sembra già apparecchiato. La terra del goulasch e dei violini tzigani ha piazzato due alfieri a capo dei vertici delle classifiche ITF under 18, che non è di per sé garanzia di successi nel circuito dei grandi, ma la strada è quella buona. Mate Valkusz (foto in alto), classe 1998, ha preso le redini del tennis juniores dopo il salto (doveroso) di Taylor Fritz, nonostante un’esperienza praticamente nulla nel circuito maggiore dove vanta la sola presenza all’ITF di Basilicanova con l’unica vittoria su un top 500 (Alessandro Bega) e con la spiacevole conoscenza del fratellino di Guillermo Coria, Federico, conclusa con il ritiro dell’ungherese. Mai oltre il secondo turno degli Slam juniores, sconfitto agli ottavi da Fritz al Bonfiglio, Valkusz ha l’obbligo di alzare il proprio livello di gioco in questa sua ultima stagione nel circuito dei ragazzi, prima di indossare le giacche da adulto.

Dalma Galfi (foto in copertina), classe 1998 anche lei, è invece la numero 1 ITF nel ranking femminile ma è contemporaneamente già catapultata alla posizione 332 della classifica WTA e si già affacciatasi nella top 300 a ottobre 2015 da numero 294. Le consecutive vittorie agli ITF di Tweed Heads e Cairns hanno contribuito in maniera evidente alla crescita di esperienza e di punti nel circuito maggiore, quella dell’ultimo US Open junior ad issarla nella vetta del ranking under 18 e ad affiancarsi al suo connazionale. Una maggior fluidità e pesantezza di palla dalla parte del dritto (che del resto sembra ormai essere il colpo meno forte della maggioranza delle ragazze) la potrebbero condurre lontano.

A Budapest hanno pronto anche un altro giovane cavallo da affiancare a Valkusz. Zsombor Piros, classe 1999, si è spinto un gradino più là del suo connazionale aggiudicandosi l’Avvenire del 2015 dopo la finale persa da Valkusz l’anno precedente per mano del sudcoreano Chan-Yeong Oh. Con i consigli di Attila Piros e Gyorgy Balazs (480 ATP nel luglio 2008), il ragazzo è già proiettato alla posizione 67 del ranking ITF pur essendo un sotto-età. Una sola presenza nel tennis degli adulti, registrata all’ITF di Solin (Croazia) nello scorso settembre con l’unica vittoria sul croato Luka Curavic, mai classificato a livello ATP.

Il presente del tennis ungherese ha due volti, il più celebre dei quali è quello di Timea Babos, attuale numero 59 delle classifiche WTA e vincitrice di un titolo International a Monterrey nel 2012. Una carriera che le ha in realtà riservato le maggiori gioie in doppio, a partire dal circuito juniores: nel 2010 completa il triplete Roland Garros-Wimbledon-US Open in coppia con Sloane Stephens, chiudendo il cerchio di finali Slam juniores con la sconfitta nell’atto decisivo all’Australian Open in coppia con Gabriela Dabrowski. Se la ricorderanno gli appassionati italiani nella finale del doppio di Wimbledon (ormai già avviata nel circuito delle grandi) del 2014, terra di conquista del Career Grand Slam per il binomio Errani-Vinci. L’ungherese faceva coppia con Kristina Mladenovic, con la quale sbancherà invece ai Premier 5 di Dubai e Roma nel 2015, e con l’austriaco Peya quando, nell’ultima edizione di Wimbledon, ha raggiunto la finale del misto, sconfitta dagli imbattibili Paes/Hingis.

In campo maschile l’Ungheria ha un’unica punta di diamante (e nemmeno di primissimo livello) che risponde al nome e alle sembianze di Marton Fucsovics. Un elemento di grande talento ma che a malapena riesce a mantenere il proprio identikit tra i primi 200 della lista del ranking ATP, nei quali è tornato proprio nell’ultima settimana a seguito di un balzo in avanti di 21 caselle, dopo la semifinale nel challenger di Happy Valley (Australia) nella quale ha ceduto (7-6 al terzo) ai colpi velenosi di Dudi Sela dopo aver regolato il nostro Donati con un doppio 6-4 al primo turno. Fucsovics che non ha tuttavia in ogni caso mai raggiunto una classifica con due sole cifre: vanta un best ranking da numero 135 nell’ottobre del 2014 che non fa comunque troppo onore ai vecchi Asboth e Gulyas, che da lassù lo staranno certamente spronando a dare ed ottenere di più.

È lecito aspettarsi che la Galfi e i suoi colleghi coetanei maschietti possano invece eguagliare almeno i risultati di un’altra recente punta di diamante del tennis magiaro. Agnes Szavay ha annunciato il ritiro dall’attività nel 2013 dopo il persistere dei problemi alla schiena che l’hanno in realtà bloccata per sempre dopo lo US Open del 2012 e dopo che la sua ultima vittoria risaliva addirittura al maggio del 2011, a Madrid. Una carriera culminata al tredicesimo posto nel ranking WTA, con cinque titoli tra i quali il Tier II (oggi Premier obbligatorio) di Pechino nel 2007: significa chiedere troppo ai talentuosi ragazzi?

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