INTERVISTA – Heinz Günthardt: “Equilibrio tra tennis e vita? Federer l’esempio perfetto”

Prima di Federer e Wawrinka, c’era Heinz Günthardt. Amato e rispettato, il capitano della nazionale elvetica di Billie Jean King Cup viene raccontato così da appassionati ed addetti ai lavori che non vogliono perdersi in troppe parole. Consapevoli che tra il suo best ranking di numero 22 ATP, raggiunto nell’aprile del 1986, e l’ascesa dei pluricampioni slam c’è stato molto altro, questo va più che bene per racchiudere il senso di cosa ha significato per il suo sport in patria. Nonostante cinque titoli ATP e due quarti di finale slam, Günthardt è ricordato soprattutto per i successi del doppio: 4 major divisi equamente tra maschile e misto. Il più iconico è quello dello US Open 1985 in coppia con Martina Navratilova. 

Attualmente capitano della nazionale rossocrociata Günthardt ha celebrato i trent’anni da coach, avventura iniziata nel 1992 al seguito di Steffi Graf, vincendo la Billie Jean King Cup con il gruppo composto da Bencic, Teichmann, Golubic e Waltert. Tra le altre collaborazioni degne di nota quelle con Ana Ivanovic, Andrea Petkovic, Jennifer Capriati e Jelena Dokic. In occasione dell’Axion Open di Chiasso è stato al seguito di Céline Naef, campionessa in carica del Trofeo Bonfiglio ed astro nascente del tennis svizzero. In quell’occasione Günthardt ha parlato ai microfoni di Spazio Tennis.

Che livello ha trovato nel circuito ITF? L’impressione è che chiunque possa vincere, ma poi ci sono anche ragazze in grado di vincere per diverse settimane di fila.

“Credo che negli ultimi quindici anni sono molte di più le giocatrici che giocano davvero bene a tennis. Una volta magari erano 200 quelle veramente forti, adesso ne hai 500 che competono per arrivare nel circuito maggiore. Questo fa la differenza e te ne accorgi guardando le qualificazioni di tornei ITF dai $60.000. Diventare migliore di tutte le altre è sempre più difficile, quindi sono davvero i dettagli a fare la differenza. Il compito di noi coach è quello di mettere a disposizione delle atlete gli strumenti per fare questa differenza”. 

Considerando i suoi impegni da capitano ed in federazione, quante settimane collaborerà con Naef?

“Questo è naturalmente un impegno preso in ottica del mio lavoro con Swiss Tennis. Non c’è un numero preciso di settimane, ma è Céline è un progetto importante per la federazione, quindi ci stiamo prestando molta attenzione. Prima di Chiasso abbiamo lavorato insieme per quasi tre settimane, poi per il futuro dipenderà dai suoi risultati e di conseguenza dalla sua programmazione. Noi cerchiamo di essere flessibili e comunque lei è allenata dalla madre che viaggia con lei”. 

Quando l’ha conosciuta da cosa è stato impressionato? 

“Céline ha un’ottima etica del lavoro, ogni giorno cerca di spingersi oltre i suoi limiti. Questo è qualcosa che non tutte sono in grado di fare, mentre lei anche quando non è giornata dà sempre tutto. Questa è un’ottima base di partenza per iniziare, poi queste energie vanno indirizzate”.

Graf, Capriati, Ivanovic. Con le dovute proporzioni ha trovato qualcosa che Naef ha in comune con loro?

“Proprio questa voglia di spingersi sempre al massimo. Se guardiamo il ranking WTA ci accorgiamo subito che alcune delle tenniste ai vertici non sono tra le più talentose in senso assoluto: non hanno la miglior tecnica o il miglior timing sulla palla. Tutte loro però hanno una grande etica del lavoro, studiano il gioco con grande interesse e hanno la capacità di dare tutto. Le giocatrici che ho allenato avevano questo e lo stesso vale per Naef”. 

In un circuito dove tante ragazze giovanissime fanno presto il salto al professionismo con ottimi risultati, cosa fa la differenza quando c’è da arrivare in top 20?

“Tra WTA e ITF sono tantissime le giocatrici che colpiscono la palla benissimo. Colpire bene la palla però non è sinonimo di giocare bene a tennis. Una tennista deve sapere cosa sa fare davvero bene e deve essere in grado di “sentire” il gioco e leggere la partita per capire quando usare una determinata arma. Se mi chiedi quante hanno questo, il campione si riduce. Una ragazza che “sente” il gioco vincerà nove volte su dieci contro una che colpisce bene e basta. In questo sport per vincere non devi colpire meglio della tua rivale, ma giocare un tennis migliore del suo”. 

Prima stava vedendo una partita di Avanesyan, lei forse è l’esempio perfetto di ciò che ha detto.

“Esatto. L’ho vista giocare ed è molto tosta come avversaria, perché si muove molto bene e sa trarre il meglio dai suoi colpi. Se la vedi giocare non dici “Oh mio dio” e non ha un colpo che ti strega. Ciò che le persone non capiscono è che una giocatrice è molto di più dei suoi colpi, c’è bisogno di un ingrediente extra: sapere come vincere i punti. Questa non è una cosa facile da imparare ed insegnare”. 

Ragazze giovani come Céline quando arrivano nel circuito nella testa hanno solo il tennis. Quanto può essere importante sapersi ritagliare invece uno spazio extra per non andare in burn-out? 

“Quando un ragazzo o una ragazza iniziano a giocare a tennis lo fanno, si spera, perché amano il gioco. Poi alcuni purtroppo vengono magari forzati perché c’è anche una prospettiva economica. La maggior parte però lo fanno perché si divertono e se smettono di divertirsi inizia a diventare difficile fare il proprio lavoro. Solitamente chi entra in questa spirale fa anche fatica a migliorare perché non trova le energie di chi ha ancora passione. Poi le energie vanno gestite e per farlo va capito come fare la programmazione e quanto tempo riposare. Pensi al tennis 24 ore al giorno? Beh, devi capire che giochi 24 ore al giorno. Se penso a Federer, lui aveva davvero un bottone d’accensione che gli permetteva di performare quando serviva e di riposare quando era necessario. Sembrerà banale, ma è importante evadere mentalmente dal tennis quando non si gioca, se no c’è il rischio di andare in burn-out”. 

Capitolo nazionale. L’anno dopo aver vinto la Billie Jean King Cup come si riparte? Come si motivano le giocatrici?

“Per una piccola nazione come la Svizzera è stato fantastico vincere la Billie Jean King Cup, ma sarebbe altrettanto bello riuscire a difendere il titolo. La sensazione che ho provato l’anno scorso quando ho alzato la coppa è stata indescrivibile e mi piacerebbe provarla di nuovo. Credo sia lo stesso per le ragazze, quindi non ho bisogno di motivarle. Naturalmente essendo un piccolo Paese si devono anche allineare alcuni fattori, su tutti quello di arrivare a fine stagione senza giocatrici infortunate”. 

A proposito di infortuni, pensa ci sia una soluzione per questo folle calendario?

“Il calendario non è perfetto perché sono davvero tanti a voler dire la propria: WTA, ITF e sponsor. Alcune soluzioni adottate non hanno senso, per esempio non ho capito perché lo scorso anno la finale delle WTA Finals si è giocata lo stesso lunedì dell’inizio della Billie Jean King Cup. Perché accadono certe cose ce lo dovrebbe dire chi decide, ma purtroppo a volte ci sono anche lotte di potere che non fanno il bene del gioco. Ci sono tanti soldi in ballo e tutti vogliono avere voce in capitolo”. 

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