Finale a tinte azzurre nella 42esima edizione del Challenger di Manerbio. Vincono, infatti, le loro rispettive semifinali Paolo Lorenzi e Federico Gaio. La testa di serie numero 1 del torneo approda nell’ultimo atto del torneo, in seguito al doppio 6-4 rifilato al russo Tejmuraz Gabshvili.
Due parziali uguali nel punteggio ma decisamente diversi nella loro composizione. Nel primo, infatti, Paolo ha sempre tenuto il servizio agevolmente (appena tre punti concessi in cinque turni di battuta) e ha approfittato alla perfezione dell’unico game giocato sottotono al servizio dall’ex top 50 russo (il nono) per operare il break. Nel secondo parziale, invece, il classe ’81 toscano è stato bravissimo a sfruttare l’unica palla break avuta nel terzo game ma, a differenza, del primo parziale ha dovuto soffrire molto di più nei propri turni di battuta, dovendo salvare anche quattro palle break.
Gaio, invece, è la quinta testa di serie del torneo lombardo ed è approdato in finale grazie alla rimonta (1-6 6-4 6-2) sulla testa di serie numero 4 del torneo, ossia l’argentino Federico Coria.
Una partita a due facce: l’argentino ha dominato fino al 6-1 1-0 in suo favore ma il primo game di battuta di Gaio nel secondo parziale ha segnato la svolta nel match. Il tennista faentino ha difatti annullato ben 6 palle break e da lì la partita è girata. L’azzurro, da quel game salvato in modo miracoloso, è cresciuto sensibilmente ed ha operato il break addirittura a 0 nel settimo game. Dopo aver chiuso 6-4 il secondo parziale, ha completamente dilagato nel terzo, breakkando il suo avversario nel primo e nel quinto game e chiudendolo col punteggio di 6 giochi a 2.
I due azzurri domani si affronteranno per la quarta volta in carriera, la seconda quest’anno (la prima vinta da Lorenzi 6-1 6-4 al terzo turno del Roma Garden). I precedenti dicono 2-1 in favore di Lorenzi, che oggi ha inoltre raggiunto le 402 vittorie a livello Challenger, ma Gaio ha dimostrato di essere assolutamente centrato e pronto per vincere il suo terzo challenger in carriera.
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