“Ho vinto questo match perché non era un match ATP ma un match di Davis”. Nella conferenza stampa che ha seguito il vittorioso match contro Zizou Bergs che ha regalato all’Italia la terza finale consecutiva di Coppa Davis, Flavio Cobolli spiega così le motivazioni che lo hanno spinto a lottare punto a punto in un epico tie-break finale terminato 17-15 in suo favore.
LE EMOZIONI DELLA VITTORIA
Un successo figlio anche dei sette match point annullati dal numero ventidue del mondo: “A un certo punto non sapevo più il conteggio dei match point, è stato il team a dirmi il punteggio del tie-break che è stato una montagna russa – spiega Cobolli – Alla fine del match ero contento, adesso sono stanco ma pronto a recuperare per la finale. Ho creduto di poter vincere questa partita per tutte le tre ore. L’ho voluta vincere e ci sono riuscito”.
L’IMPORTANZA DELLA SQUADRA E DELLA FAMIGLIA
Si dice che la vittoria abbia cento padri e la sconfitta sia orfana, ma ciò sembra non valere all’interno della Nazionale italiana così come per Cobolli: “Tutti i ragazzi della squadra sono speciali, proviamo sempre a lavorare l’uno per l’altro. Matteo (Berrettini ndr) è una persona speciale per me, è come un fratello. Si allenava con mio padre quando ero piccolo, ci conosciamo da allora. Ho iniziato a vedere il tennis con i suoi match e oggi mi ha aiutato molto.
Bove era presente, sapevo della sua presenza. È un amico che c’è sempre, così come io ci sono per lui. Sta cercando di tornare a giocare e gli faccio un in bocca al lupo. Ho notato che mio papà non riusciva ad alzarsi per esultare (ride ndr), però posso immaginare, sono pur sempre suo figlio. Abbiamo vinto in due, così come avremmo perso in due. Questa è la nostra più grande forza. Non ho ancora visto mamma, ma credo sia qui fino alla finale. Non mi ha detto niente, ma credo farà fatica a dormire. Non le vive benissimo, è anche molto scaramantica. Fa la finta dura, ma poi è capitato anche che si è chiusa in bagno per cinque ore perché avevo vinto un game. Se tocchi i riti si arrabbia
“Filippo (Volandri ndr) mi ha dato tanto oggi – prosegue il classe 2002 – Ero cosciente che potessi anche perdere, ma ho provato a fare sempre ciò che mi riusciva meglio, essere coraggioso. Essere più freddo possibile, senza tante domande o pensieri. Ho giocato come so, ho cercato i punti deboli di Bergs. Credo di essermi meritato questa vittoria. Sono orgoglioso di me, rivedrò tante volte questo match”.
QUELLA MAGLIETTA STRAPPATA…
A fine match Cobolli si è lasciato andare a una curiosa esultanza strappandosi la maglietta richiamando un qualcosa che in passato è stato fatto da Novak Djokovic: “La maglietta strappata non era per Nole – smentisce l’azzurro – era per me, per Flavio: volevo essere come Hulk, sto facendo palestra ogni giorno e mi sento in forma”.
UN PENSIERO PER LO SCONFITTO
Alle immagini dell’esultanza di Cobolli fanno da contraltare quelle di un Zizou Bergs in lacrime, consolato dallo stesso italiano che è tornato così sull’episodio: “Io sono andato da Zizou semplicemente perché mi sono immaginato in lui e potevo esserci io. Ho provato a dargli una parola di conforto, per quanto inutile, non credo abbia neanche sentito. Se avessi perso io, mi sarebbe piaciuto che lui fosse venuto da me e credo lo avrebbe fatto. È stato un gesto naturale e non cercato”.