Il Mexicanazo

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di Sergio Pastena

Un giornale che non le manda a dire...
Un giornale che non le manda a dire…

Rafael Ocampo, giornalista sportivo del Proceso, riguardò il suo articolo soddisfatto. Un’analisi lucida e appassionata dell’imminente confronto di Davis tra Messico e Spagna, in programma dal 22 al 24 settembre 1995 al Club Aleman di Città del Messico.

Un pezzo degno di una rivista storica e scomoda come la sua, nato dalle parole del capitano del team di Davis spagnolo, il grande Manolo Santana, fresco di nomina. “I miei giocatori sono nettamente superiori ai messicani e lo dico senza sminuire”, aveva detto. “É vero, siamo reduci da due sconfitte e veniamo qui per evitare di retrocedere. Ma dobbiamo ricordare che abbiamo giocato contro la Germania e l’Austria: ci siamo trovati di fronte Stich e Muster, due che hanno vinto a Wimbledon e al Roland Garros. E con tutto il rispetto qui non vedo nè uno Stich nè un Muster”.

Quanto bastava per attizzare il fuoco in un confronto non teso ma neanche troppo tranquillo: in Spagna non c’era più Franco, ma i nostalgici erano ancora lì e lo smacco dei “Niños de Morelia”, i quasi 500 bambini figli di repubblicani che nel 1937 furono accolti in Messico, era ancora vivo. E non è che in Messico ci fosse questa gran simpatia per gli ex colonizzatori.

Ocampo, però, dentro di sè sapeva che Santana aveva ragione. Non c’era un motivo che fosse uno per dare qualche chance ai messicani.

Lavalle ed Herrera oggi
Lavalle ed Herrera oggi

Non il ranking: Bruguera e Berasategui arrivavano alla sfida da numero 10 e 16 del mondo, i doppisti Casal e Emilio Sanchez erano 32 e 33. Per il Messico Lavalle ed Herrera erano gomito a gomito, numero 261 e 263 in singolare, mentre in doppio con Lavalle (131 di specialità) ci andava il numero 262 Lozano. Non l’anagrafe: Lavalle coi suoi 28 anni era il nonno del gruppo mentre Berasategui garantiva la freschezza dei 22 anni. Non la storia. Sia Lavalle che Herrera erano stati intorno al numero 50 mondiale, ma Lavalle quasi dieci anni prima ed Herrera tre. In quanto ai doppi, il confronto dei titoli si risolveva in un tragicomico 44-1 per gli iberici che avevano nel palmares Roland Garros e Us Open. Non la forma. Berasategui e Bruguera non andavano bene come nel 1994, ma il primo si era portato a casa Oporto e Sergi aveva fatto finale a Roma mentre i messicani se la sfangavano nei Challenger. Non la statistica. Lavalle aveva un 6-26 contro i Top 15 in carriera e 1-13 negli ultimi sette anni. Meglio il 3-5 di Herrera, ma anche lui non faceva secco un Top Ten dal 1993 (Novacek a Wimbledon) perché la classifica era così bassa che manco li incontrava più.

E così al povero Rafael erano rimasti solo l’orgoglio e un po’ di cabala, visto che in ogni decennio la Davis messicana tirava fuori la sorpresona: nel 1962 in casa con gli Usa, tredici anni dopo addirittura in trasferta, nel 1986 in casa contro la Germania. Solo che nel 1962 c’era il miglior team messicano di sempre, nel secondo caso Raul Ramirez, nel 1975 capitano di Davis, fece un “one man show” e nel 1986 alla Germania mancava un secondo singolarista di spessore mentre Lavalle e Maciel erano al meglio. A sto giro, invece, non c’era un minimo appiglio razionale per sperare nell’impresa.

“Poco male – pensò Ocampo – Il mio l’ho fatto. Speriamo che non infieriscano troppo”.

Manuel "Manolo" Santana
Manuel “Manolo” Santana

Il giorno 22, entrando in campo, Santana qualche domanda dovette farsela: era una bolgia, peggio delle peggiori aspettative. Avrebbe potuto essere più diplomatico, ma queste son cose infami: se dici che è un match facile gli avversari si incazzano, se dici che è difficile si incazzano i tuoi e pensano che metti le mani avanti. No, giusto così: arroganti e cazzuti, tanto dove vuoi che vadano questi…

L’inizio è come previsto, con Bruguera che dà un comodo 6-3 a Herrera. Ma l’aria di Davis fa miracoli: Herrera vecchio non è e corre per quattro, porta a casa non uno ma due set, 6-4 6-3. Brontolii sulla panchina spagnola, ma Bruguera è l’affidabilità fatta persona: negli ultimi due set Herrera fa appena tre games. 1-0 Spagna.

Le spalle larghe di Lavalle, però, sono pronte a caricarsi il match: Berasategui non gioca male ma non riesce a staccare il messicano. Si arriva a due tie-break, spesso merce letale per chi è ospite in uno stadio caldo: Lavalle li porta a casa entrambi e al terzo confeziona la sorpresa. Parità.

Il clima non è euforico tra i messicani, che in fondo pensano solo che l’onore è salvo, nè di panico tra gli spagnoli che con Casal e Emilio Sanchez si sentono in una botte di ferro.

El Pais quel giorno dimenticò "casualmente" il tennis...
El Pais quel giorno dimenticò “casualmente” il tennis…

Mica tanto. Lavalle e Lozano giocano un primo set perfetto e portano a casa un 6-2 che sveglia la coppia spagnola. Secondo set iberico, 6-3. Terzo equilibratissimo, si arriva di nuovo al tie-break e di nuovo si gioca in tre contro due contando il pubblico. I messicani si portano avanti. Casal e Sanchez con un perentorio 6-1 bilanciano di nuovo l’incontro, ma al quinto è chiaro che sarà pura garra, di quelle che non lasciano scampo: si gioca sui quindici, sulle righe scheggiate, sui rumori di fondo tra prima e seconda che crescono. E si vince: 6-4 per Lavalle e Lozano. L’antico Lozano. 2-1 Messico.

E tocca ancora a Bruguera aggiustare il giocattolo. E ancora parte con un 6-3, stavolta a Lavalle. E ancora perde due set di fila, incluso un tie-break e fanno quattro su quattro persi. E ancora negli ultimi due set è più freddo di uno svedese e non fa vedere palla all’avversario. Parità di nuovo.

Santana torna a sorridere, ma è più un sorriso isterico: sa bene che il Berasategui visto contro Lavalle non era al meglio e che Herrera è carico come una fionda. Ma prende fiato: in fondo non si vedono in giro nè Stich nè Muster, no?

Possiamo solo immaginare il dialogo con Berasategui.

“Allora Alberto, è quasi fatta. Sei pronto?” – “Cazzo se sono pronto!”

“L’avversario è numero 263 al mondo, devi distruggerlo capito?” – “Cazzo se lo distruggo!”

“Non possiamo sbagliare. Devi essere convinto, intesi?” – “Cazzo se sono convinto!”

“Devi vincere! E non far caso al pubblico: urlerà più del primo giorno” – “Cazzo!”

“Cazzo se vinci, intendi?” – “No, cazzo e basta!”

Risultato finale: Herrera batte Berasategui 6-4 6-1 6-1. Spagna in B, Messico nel World Group.

Rafael Ocampo prese un respiro profondo, in faccia stampato il sorriso di chi adesso sa che i miracoli ogni tanto avvengono. E cominciò a scrivere: “Erano arrivati pieni di sè, con l’arrogante Santana che aveva la vittoria in tasca ancora prima di cominciare…”.

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