Chi Siamo? Da Dove Veniamo? Un Fiorino!


di Ianhungar
Settimana scorsa il quotidiano svedese ‘Svenska Dagbladet’ ha diffuso la notizia di un doppio elenco di tennisti ‘visionato’ dalla Tennis Integrity Unit, l’organo che vigila sul corretto andamento e regolare svolgimento dei match tennistici. Si sarebbe trattato di 41 tennisti tra uomini e donne dantescamente suddivisi: nel purgatorio i ‘sorvegliati’, cioè i tennisti/e che hanno destato sospetti, all’inferno gli ‘indagati’, cioè quelli su cui ci sarebbero già delle prove. A parte lo scopo di fare notizia, l’articolo ha ottenuto solo critiche e smentite. Vere e innegabili, visto che la TIU non ha mai rilasciato commenti e notizie sulle indagini in corso (e questa disinformazione da ATP e TIU è il vero male), e rilasciarne di così pesanti ad uno sconosciuto (almeno a livello massmediatico internazionale) quotidiano svedese era in linea con l’andamento surreale della vicenda scommesse, ma non con la logica. Nel fantomatico elenco pubblicato ben 11 dei 41 tennisti sono italiani, ma non è questo che ci interessa. Il gioco, inteso come scommessa, è molto diffuso in alcune parti del mondo e altrettanto vietato o mal visto in altre.
Ci sono 2 grossi ragioni sociologiche, molto diverse tra loro, grazie alle quali la passione per le scommesse ha trovato terreno fertile in determinate nazioni o culture. La prima è molto semplice. Dato che la scommessa è nata come ‘scommessa ippica’, diventando molti anni dopo ‘scommessa sportiva’, si tratta di paesi o etnie con grande cultura del cavallo alla base, all’interno del quale il meccanismo di ‘affezionarsi al beniamino’ ha avuto facile diffusione, lasciando che la differenza tra cavallo, tennista o calciatore diventasse un semplice dettaglio. Di questo blocco fanno parte l’Italia, l’Argentina, e tutto il ceppo anglosassone, dalla Gran Bretagna a tutte le sue (ex) colonie, soprattutto paesi asiatici come India, Bangladesh, Pakistan, nazioni queste ultime da cui provengono i più inguaribili scommettitori del mondo. L’altra ragione è di tipo economico. Molti paesi poveri o in via di sviluppo hanno cominciato a vedere la ‘scommessa’ come una via di uscita da una vita di stenti. Laddove l’equivalente di 50-100 euro corrisponde ad uno stipendio mensile, sono ormai in pochi a negarsi il tentativo di ‘risolvere’ in questo modo deficienze sociali o governative. Ne appartiene prevalentemente tutto il blocco dell’Est Europa, dalla Russia scendendo fino all’Albania, scavalcando la Grecia (forse un popolo di pensatori non vuole ‘abbassarsi a scommettere’, sta di fatto che in Grecia il gioco non ha appeal) e finendo in Turchia. In alcune di queste nazioni, alcune insospettabili, si trovano società di scommesse concorrenti a distanza di 20 metri, senza corse di cavalli ma piene di giovani disoccupati attaccati a un pc o un televideo. E’ il caso, tra le altre, di Lettonia, Repubblica Ceca, Bosnia, Croazia. Per sottrazione, è facile dedurre le nazioni in cui le scommesse non hanno avuto ampia diffusione.
Negli Stati Uniti, ad esempio, scommettere è illegale nella maggior parte degli stati, tranne che a determinate condizioni o occasioni, tra cui non rientra il tennis. In Spagna c’é la più alta percentuale del mondo di bar in base alla popolazione e nessun proprietario si è ancora sognato di trasformare il suo locale in punto scommesse. In Francia il gioco è stato liberalizzato soltanto un anno e mezzo fa e PMU, l’ente che deteneva il monopolio e tuttora padroneggia in materia, fa sapere che le scommesse sportive registrano solo il 7% degli introiti (tutto il resto proviene dalla sacra ippica e dal lanciatissimo poker). Questa è una base per niente aleatoria, anzi necessaria a capire la matrice e la provenienza sui sospetti di combine nel tennis. Al di là di se e quando tutti i sospetti su match e tennisti verranno confermati o smentiti, l’unica certezza riguarda chi è fuori da ogni sospetto, ancor prima di chi ne fa parte. Nelle liste dei match ‘binocolati’ non si trovano mai francesi, svedesi, olandesi, americani, tedeschi (tra gli altri), e nessun caso di combine è stato mai sospettato nei tornei giocati in queste nazioni. I maggiori sospetti di match-fixing (partite truccate) coinvolgono invece quasi esclusivamente tennisti italiani, sudamericani e dell’est Europa, ed è (solo) in questi stessi paesi che i tornei offrono puntualmente materiale di indagine (Palermo, Costa do Sauipe, Buenos Aires, Sopot, San Pietroburgo, Umago). In definitiva, l’evidenza dei fatti resta comunque più rilevante di qualsiasi considerazione sociologica sulle radici del male. Ma visto che l’ATP intende risolvere questi (suoi?) problemi per vie traverse e vicoli ciechi, per stare al suo gioco meglio partire da lontano, che prendere di petto.

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