Lamine il marocchino

di Luca Brancher

Dopo anni di tensione, il più forte tennista algerino cambia bandiera. Una scelta che ha fatto discutere.

Diciamoci la verità: l’idea di avere, in contemporanea col torneo di Bergamo, un altro challenger, nella vicina Francia, non è stata una bella sorpresa. Tanti giocatori, non di primissima fascia, ma che comunque avrei avuto piacere di vedere, hanno infatti preferito recarsi a Quimper invece che sulle prealpi orobiche, precludendomi alcuni incontri ravvicinati che bramavo da tempo si concretizzassero. Tra questi, merita un posto nel podio dei miei sogni che non si realizzeranno Albano Olivetti, sul quale in effetti non ambivo realmente grandissime speranze dal momento che quando gioca Francia raggiunge livelli di gioco che difficilmente sono riscontrabili in altre zone del globo. Peccato, mi dicevo, e nel mentre controllavo quale sarebbe stato il suo avversario di primo turno dopo l’ottimo quarto di finale di Montpellier. Guarda caso, deve affrontare uno dei pochi altri tennisti che abbiano un cognome che cominci con la sua stessa lettera. La O di Ouahab. Sì, il tennista più forte della storia dell’Algeria. Attenzione, però, perché é segnato come marocchino? Certo che questi compilatori di tabelloni sono proprio disattenti…Ah no, disattento sono stato io! Lamine dal novembre scorso è divenuto suddito di Mohammed VI. Incuriosito, cerco di capire meglio cosa fosse accaduto.

Per chi non conoscesse il tennista in questione, Lamine Ouahab, ormai prossimo ai 30 anni, che compirà a dicembre, è stato un ottimo giocatore juniores, capace di classificarsi tra i migliori 4 sia nello Slam parigino che a Wimbledon, e di issarsi a ridosso della top-100 ATP, senza avere reali ambizioni di scavalcare tale ultimo ostacolo, anche a causa di diversi infortuni, credevo di ricordare. Non ha mai regalato emozioni ad alti livelli, però è stato un instancabile trionfatore nei tornei minori: anche così gli è stato possibile costruirsi una classifica di cui andare a fieri, frequentando, con successo, il circuito future africano, con rare scorribande nei challenger dell’Europa Mediterranea. Non è un particolare da sottovalutare, questo, perché dietro una programmazione che secondo molti non avrebbe lasciato presagire una grande ambizione si nascondeva un’altra grave lacuna: la mancanza di risorse economiche, un tormentone che ha da sempre accompagnato i tesi rapporti tra Ouahab e la sua nazione.

A partire dal fondo che, stando ad un decreto del Novembre 1991, a Lamine doveva essere riconosciuto annualmente per permettergli di affrontare la stagione, che in realtà non gli è mai stato riconosciuto dal 2002, anno in cui Lamine è diventato professionista a tutti gli effetti, fino alla mancata risposta alla convocazione in Davis del luglio 2006, in un match contro la Finlandia che avrebbe potuto avvicinare l’Algeria al 1^ Gruppo della zona Euro-Africana. Senza Ouahab l’Algeria era davvero poco temibile, ma senza i soldi statali algerini anche Ouabab avrebbe dovuto ridimensionare le sue aspettative: per cui, dopo il fondo, anche ogni altro tipo di sovvenzione è saltata. Da quel giorno, dopo la dura decisione dell’allora ministro dello sport e della gioventù Yahia Guidoum, Lamine ha provato a ricucire lo strappo, tornando a rispondere a giocare in Davis, ma, capito il vento che tirava, nel 2008 ha posto la parola fine, perdendo, in quel momento, anche ogni altra sponsorizzazione privata arrivasse da Algeri e dintorni

Una situazione critica che non lo ha sicuramente aiutato, tanto che se, nel 2009, anno in cui Ouahab ha raggiunto il suo best ranking, probabilmente avesse potuto contare su qualche risorsa in più, magari il muro dei 100 lo avrebbe anche potuto abbattere. Sono però tutti discorsi che lasciano il tempo che trovano, quel che conta è che, con una bolla ufficiale dello scorso 7 novembre, sfruttando il fatto di aver sposato una donna marocchina, Lamine è divenuto rappresentante del Marocco. Troppo tardi per provare a chiudere quel cerchio rimasto aperto 5 anni prima, ma per Ouahab era una situazione che andava affrontata per principio. “Non voglio dire che ora amo più il Marocco dell’Algeria, ora mi sento sia marocchino che algerino, senza preferenze, ma di sicuro in Marocco le risorse economiche sono meglio distribuite, in Algeria finiscono solo ai calciatori”, ha detto, trovando il pieno ed insospettato appoggio del numero 1 della FAT, la federazione tennistica algerina “E’ stato campione africano, ha trascinato ai massimi livelli l’Algeria in Davis ed è stato fiero rappresentante della sua nazione nel suo momento d’oro, ma non ha mai digerito il mancato appoggio federale del governo quando non ha risposto a quella convocazione. Non giudico la sua scelta, per me resterà sempre algerino.”

In patria, per la verità, non se la sono presa tanto con lui, quanto con i vicini marocchini, con cui ci sono varie ragioni di tensione – l’irrisolta questione sul Sahara Occidentale, a cui si sta legando una spinosa questione sui Diritti Umani che andrebbe approfondita in altra sede – e che segue a ruota un altro cambio di nazionalità che ha fatto discutere, quello del noto cantante algerino Cheb Khaled, che, deciso di tornare a vivere in Africa dopo decenni passati in Francia, ha scelto di andare in Marocco, patria, anche in questo caso, della moglie, aderendo alla causa di Mohamed VI e rinnegando così il suo Paese, ed in maniera particolare la sua città Wahran, spesso vantata “come la seconda Parigi”. In realtà, per quanto concerne Ouahab – il caso di Kahled è diverso, tanto che ha già abbandonato Casablanca per tornare in Francia – che da diversi anni vive a Marrakech, non ci stupiremmo che dietro ci fosse anche una motivazione direttamente legata a quanto accaduto poche settimane prima al suo collega Malek Jaziri, a cui era stato impedito di scendere in campo nel quarto di finale di un challenger uzbeko perché il suo governo non voleva che affrontasse un giocatore battente bandiera di Israele. Dopo la primavera araba, i rapporti tra Tunisia e Israele sono tornati freddi, così come lo sono sempre stati tra la nazione di Tel Aviv e l’Algeria – che, peraltro, non è rimasta coinvolta dalle rivoluzioni di inizio 2011 – mentre il Marocco è stato uno dei primi Stati arabi ad aprirsi al Medio Oriente. Non è certo che questa sia stata la causa, e dubitiamo vi sia una logica tale data anche la scarsa competitività attuale di Lamine, però il tempismo è piuttosto sospetto. Probabilmente, in futuro, capiremo…

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