Har-Akira australiano?

Akira Santillan
di Luca Brancher

Australia. E’ divenuta quasi parossistica la smania con cui, esperti reali e più sedicenti, si riempiono la bocca, o per meglio dire le tastiere dei computer, per manifestare la loro devozione verso quella che dovrebbe tornare ad essere, a decenni di distanza, la nazione che dominerà il tennis mondiale. L’Australia: Kyrgios, Kokkinakis, Jasika, ma anche Aiava nel femminile, non tutti così australiani nel sangue, pur tuttavia fieri di rappresentare la nazione oceanica sul campo da gioco. Così strenui nel glorificare questa nouvelle vague, da diventare quasi ciechi, volutamente o distrattamente, quando in verità si presentano delle storie poco concordanti con quella, tanto bella da essere iperbolizzata, di una federazione che ha trovato il modo di lavorare nel modo e nella direzione corretta. “Mio figlio lo portai in federazione e ve lo lasciai per due anni: lo scorso agosto mi resi conto di quanto questo fosse peggiorato, non lo riconoscevo più. E sì che Nick Bollettieri, anni fa, ebbe modo di dire che era destinato a divenire una stella di livello mondiale.”

A parlare è Dean Santillan, sudafricano, tennista di bassissimo profilo, che, giunto in Giappone, decise di mettere su famiglia assieme ad Harumi, dall’unione con la quale nacque, il 22 maggio del 1997, Akira. Ci troviamo nella capitale del Sol Levante e, mentre il ventesimo secolo si esauriva, vedendo l’alba del successivo, Akira cominciava a impratichirsi nello sport tanto caro al padre, con modalità piuttosto curiose “allenava il dritto in casa, emulando la tecnica che gli avevo trasmesso, con la frusta per sbattere le uova”. Da questi allenamenti peculiari a Bradenton il percorso è stato più breve di quanto non si creda “vivevamo ancora in Giappone, Akira si era meritato un breve stage da Nick e lui emise quella profezia. Io rimasi sbalordito, come si può desumere ciò da un ragazzino di soli 7 anni? Ma lui non recedeva, ne era convinto, così come lo erano i suoi collaboratori presenti sul campo.”

Circa un anno dopo questo avvenimento, Dean, Harumi e Akira si trasferirono in Australia, a Brisbane per la precisione, dove Dean ha comunque continuato ad allenare il suo pargolo, arrivando ad un certo punto a mollare il suo lavoro, che lo aveva visto rivestire ruoli all’interno della Microsoft e della Caltex – “erano stati molto tolleranti con me, ma ad un certo punto non potevo più svolgere una doppia mansione” – fino al 2012, quando, dopo risultati degni di nota, venne scritturato per entrare a far parte del progetto nazionale di Tennis Australia. Ma, agli occhi del padre, i due anni passati, conclusisi lo scorso agosto, furono, come già ampiamente enunciato, un totale disastro, tanto che al giovane fu comminata una sospensione di tre mesi per scarso impegno “la federazione inizialmente voleva lavorare in accordo con i miei metodi, ma col tempo si è invece messa a questionare sul mio insegnamento, hanno provato a snaturare il suo gioco, per lui non è stato facile gestire la situazione, per cui, quando ad agosto dello scorso anno, anche a seguito della sospensione, comprendemmo quanto ormai fossimo distanti, decidemmo di tornare a lavorare assieme, ma in esclusiva.

Era altrettanto ovvio che per gestire un giocatore di livello mondiale, solo Dean non era più sufficiente, per cui lo staff si è al contempo allargato con l’inserimento di Francis Lui, preparatore atletico, ma soprattutto della consulenza di un mental coach, poiché Akira ha da sempre manifestato un furore agonistico che troppo spesso si è palesato oltre l’idoneo. “Aki è cresciuto nel mito di Roger Federer, e per lui era logico imitarlo in tutto e per tutto. Lo svizzero però è un giocatore di un livello clamoroso, e non è giusto pensare di poter giocare in quella maniera. Invece lui si infastidiva in campo per non riuscirci, per cui ha dovuto lavorare anche su questo. Ci costa parecchio, ma per la sua crescita è fondamentale”. Tennista che riesce ad esprimere, nonostante la giovane età, una potenza esplosiva, Santillan ha davvero cambiato marcia nel corso di questo 2015, quando si è issato fino alla semifinale dell’Australian Open junior, dopo aver sconfitto il quotato koreano Lee Duck-Hee ed essere stato sorpreso dal meno considerato Hong Seong Chan, e si è aggiudicato il Grade 1 di Nonthaburi.

Ed è proprio mentre Akira mieteva vittime in Thailandia che, in Australia, diveniva di dominio pubblico come il ragazzo avesse definitivamente maturato la decisione, assieme alla famiglia, di rappresentare la nazione in cui aveva visto per la prima volta la luce, il Giappone. Una mossa rimasta perlopiù non commentata, ma legata a doppio filo alle polemiche susseguite all’abbandono di Akira dell’Academy nazionale, oltre ai fondi che, Santillan, da quel momento ha smesso di percepire. Ultimamente è noto ai più come l’Australia sia una terra che attrae giocatori, più che respingerli, basti pensare ai casi di Tomljanovic e Gavrilova ed al fatto che l’ultimo tennista a ripudiare la bandiera del Commonwealth è stato Brydan Klein – a cui, a dire il vero, la chiusura fu dettata da un episodio di razzismo con vittima il sudafricano Raven Klaasen – ma è altresì vero che, entrando nello specifico, Dean non è il primo padre che entra in contrasto con la Federazione.

Akira Santillan

C’è una regola, infatti, cosiddetta “90/10” che permette ai giocatori, che vengono allenati al di fuori del sistema federale, di percepire comunque una discreta cifra per potersi permettere l’attività: i requisiti, però, sono piuttosto stringenti, ed ultimamente è successo che un’altra giovane leva, vistasi negare i contributi, è arrivata a rifiutare le wild card della Federazione stessa. Si tratta di Naiktha Bains, nativa inglese, il cui padre non ha gradito le mancate attenzioni: poco tempo prima nella stessa situazione si era trovata Olivia Tjandramulia. Uno schema che potrebbe minare la stabilità del tennis locale, non fosse che stanno attraversando un periodo di fioritura evidente. In Australia, però, sorge un po’ di preoccupazione, e i vertici stanno cercando di comprendere se non sia il caso di mutare qualcosa a livello regolamentare.

Nel frattempo però il percorso di crescita del “nuovo” Santillan appare proseguire come auspicato, riprova ne è il suo primo titolo colto nel circuito pro’, sempre in Thailandia, ma a Bangkok, dove ha distrutto l’agguerrita concorrenza senza concedere nemmeno un set, fino alla finale contro il neo-connazionale Kento Takeuchi: questa settimana Akira proverà a fare il suo bis, consapevole di essere sulla strada giusta per ambire a ritagliarsi un posto di riguardo nel novero del firmamento nipponico. E non solo. Che nel suo futuro ci sia l’emulazione della crescita di quel Nick Kyrgios, di cui è buon amico e che desiderava averlo nel suo box nel corso del suo recente quarto di finale a Melbourne contro Andy Murray? Sarebbe un incontro suggestivo, con due “Australie” così diverse ai due lati del campo. Una giusta ed una sbagliata. Un incontro che, al di là di questi possibili bassi contenuti polemici, potrebbe riservare tanto spettacolo.

Fonte: acelandtennis.com.au

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