Dall’hockey su ghiaccio alla terra rossa: la variopinta storia di Alex Weis

Alexander Weis

di Matteo Mosciatti

Nella coscienza comune, lo stereotipo del giocatore di tennis prevede un percorso ben delineato sin dalla tenera età. Grandi risultati a livello junior, fisico imponente, fondamentali ben consolidati e atteggiamento ineccepibile, scritti in ordine decrescente di importanza. Se arrivi a diciassette anni e non sei stato protagonista di alcun dibattito su forum o portali di materia tennistica, se la Federazione non punta su di te e se non hai un bel contratto d’abbigliamento, campione non ci diventerai mai. Dicono.

A poter smentire queste convinzioni è saltato fuori di prepotenza Alexander Weis, altoatesino classe ’97 che ha attirato su di sé diverse attenzioni nei tre tornei ITF under 18 che ha giocato lo scorso anno, in particolare il Bonfiglio. Particolare la sua storia, tra la maturità da conseguire e un’attività internazionale appena iniziata. A raccontarcela è direttamente lui nell’intervista che abbiamo realizzato.

Ciao Alex, ho visto che sei reduce da una trasferta ad Hammamet in Tunisia, la tua stagione ha preso ufficialmente il via?
Sì, una volta terminata la preparazione invernale è iniziata la mia stagione. Ho giocato il primo torneo in Spagna, a Castelldefels, dove ho espresso un buon tennis. Sono stato eliminato al secondo turno di qualificazioni dal norvegese Casper Ruud in un match che mi ha dimostrato che, pur dovendo ancora migliorare tecnicamente, posso comunque competere e divertirmi. Dopodiché sono andato ad Hammamet per due tornei in cui non mi sono trovato benissimo sia a causa di alcune mie insicurezze sia per le condizioni del posto, non proprio ideali.

La tua prima partita in un tabellone principale ITF risale ad appena sei mesi fa: ti senti ancora un “debuttante” nel circuito Futures o hai superato la fase d’approccio iniziale?
Rispetto ad altri giocatori della mia età che praticano tennis professionistico da più tempo, sto pagando il “ritardo”. Credo che ciò sia dimostrato dall’incostanza del mio rendimento: a volte mi sento sicuro del mio gioco e sono in grado di competere contro avversari di livello, altre entro in campo nervoso e non riesco ad esprimermi in partite apparentemente più semplici. Penso che tutti i processi di crescita non avvengano in tempi immediati ed io devo avere pazienza e attraversare le varie fasi con fiducia e positività. Del resto, in molte occasioni mi rendo conto di essere carente più dal punto di vista dell’esperienza che del gioco, benché, come detto, abbia ancora molto da lavorare anche sulla tecnica.

Molti appassionati non conoscono il tuo percorso a livello junior e in pochi sanno che fino a due anni fa giocavi solo tornei open nella tua regione. Raccontaci la tua storia.
Ho iniziato a giocare a tennis a 9 anni dopo aver praticato per molto tempo l’hockey su ghiaccio, sport che ho amato e nel quale riuscivo molto bene. Vista la passione per entrambe le discipline, per qualche anno le ho portate avanti insieme. Quando poi c’è stata la necessità di scegliere ho deciso di abbandonare l’hockey in favore del tennis, soprattutto perché mia madre, che allora mi accompagnava agli allenamenti e alle partite, si era stancata di stare al freddo (nonostante la nostra origine bolzanina)! Scherzi a parte, lo sport individuale mi attirava, mi poneva di fronte a sfide più importanti e divertenti. Mi sono allenato per circa sette anni al TC Rungg con i maestri Manuel e Valerio Gasbarri, anni fondamentali che mi hanno fatto amare questo sport e che mi hanno formato dal punto di vista tecnico e fisico, anche se il tennis veniva comunque dopo la scuola. I tornei a cui potevo iscrivermi erano limitati alla mia zona. A un certo punto ho sentito il desiderio di migliorare e di provare a giocare ad un livello più alto: avevo bisogno di nuovi stimoli e di un circolo che mi offrisse la possibilità di allenarmi con giocatori con le mie stesse intenzioni. Così nell’ottobre del 2014 mi sono rivolto al maestro Nicola Bruno del CT Trento, con il quale ho intrapreso un progetto più ampio. Nicola è un maestro rigoroso, che esige lavoro serio e correttezza nei rapporti; mi trovo bene con lui, mi fido e prendo i suoi consigli come lezioni di vita. Lo scorso anno sono stato spinto da lui a tentare tre tornei ITF junior in Italia, Prato, Salsomaggiore ed il Bonfiglio, nei quali mi sono tolto grandi soddisfazioni e soprattutto ho capito di poter competere con giocatori che fino a quel momento mi parevano ancora molto distanti dal mio livello. Al Bonfiglio sono anche stato notato dai responsabili della Federazione che mi hanno poi coinvolto in alcuni tornei Futures estivi dove ho ottenuto i miei primi punti ATP. Grazie alla Federazione ho potuto usufruire di alcune Wild Card e da quest’anno vengo convocato ai raduni tecnici che mi permettono di allenarmi con i migliori giovani italiani. Ciò è molto importante, li ringrazio per l’opportunità che mi concedono.

Quali sono le grandi differenze che hai riscontrato nei tornei ITF rispetto a quelli della tua zona?
Ci sono enormi differenze. Negli ITF ho affrontato giocatori che fanno sul serio, non mollano alcun punto, sono preparati fisicamente e tecnicamente, vanno spesso ai tornei accompagnati dai loro allenatori e preparatori e credono profondamente in quello che fanno. Gli obiettivi di chi ti trovi di fronte sono diversi e di conseguenza lo sono anche i loro atteggiamenti.

Per competere e fare strada nel circuito ATP c’è qualcosa in particolare che senti di dover migliorare più di altre?
Sicuramente la parte tecnica e quella mentale. Devo migliorare servizio e risposta, trovare continuità nel gioco e limitare i cali di concentrazione durante i match. Si tratta di un percorso di crescita nel quale mi sto impegnando, ma c’è ancora tanto da lavorare. Il mio allenatore mi sta aiutando, tuttavia mi rendo conto che in questo caso al responsabilità è soprattutto mia.

Come si svolgerà il tuo 2016? I viaggi saranno limitati dalla maturità che affronterai a giugno?
La programmazione del 2016 sarà senz’altro condizionata dagli esami di maturità. Per il momento abbiamo deciso che giocherò qualche Futures, prima in Croazia poi ancora non so. L’estate vedremo.

Al momento ti trovi attorno al numero 1730 del mondo: a fine anno che posizione punti?
L’obiettivo è fare altri punti ATP e salire in classifica. Punto in alto, ma per scaramanzia meglio non dire numeri!

Parliamo dell’ultimo avversario che ti ha battuto in un torneo under 18, Taylor Fritz. L’americano è già alla soglia della top 100 ATP, te l’aspettavi? Giocandoci hai avuto l’impressione che fosse un predestinato?
Sì, devo dire che mi aspettavo la sua rapida ascesa. Quando ci ho giocato al Bonfiglio mi sono reso conto di quanto fosse maturo, sereno in campo e consapevole delle proprie capacità. Servizio e risposta sono stati i colpi hanno fatto la differenza. Stessa impressione ho avuto in Spagna contro Casper Ruud, anch’egli gran giocatore che sta in campo come un professionista. Credo che presto arriverà in alto.

Di tennis abbiamo parlato abbastanza, cosa ti piace fare fuori dal campo?
Fuori dal campo sono tante le cose che mi piace fare. Ascolto musica, vado al cinema, frequento i miei amici, vado a sciare e d’estate mi piace praticare il windsurf, altra mia passione. Purtroppo, però, di tempo per gli hobby ne ho poco dovendo anche studiare per la maturità.

Il tuo sogno più grande?
Trasformare la mia forte passione per il tennis nel mio lavoro “da grande”.

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