Diario di bordo da Chiasso (3): la finale

ITF Chiasso
da Chiasso, Michele Galoppini

Grazie alla notte passata in un hotel di Chiasso a pochi chilometri dal circolo del torneo, finalmente posso svegliarmi quando il sole è già alto in cielo prima di poter raggiungere il TC Chiasso. Potrei quasi proporre Chiasso all’inventato seduta stante premio “Cittadina più ospitale d’Europa”: perfino direttore dell’hotel e cane pastore grande quanto un cavallo che sorveglia con aria incuriosita la mia colazione sono stati impeccabilmente gentili.

Dopo il check-out e dopo aver già preparato un po’ di lavoro che dovrò fare al circolo, arriva la transportation, puntuale come un orologio svizzero. Dopotutto, credo proprio di essere nella nazione giusta per poterlo dire… La signora Daniela, protagonista della simpatica gag a chiusura del diario di bordo di mercoledì, nei cinque minuti di guida che ci separano dal TC Chiasso, non perde l’occasione per farsi due risate, parlandomi della reazione che ha avuto nei giorni scorsi quando ha capito di essere stata tra le protagoniste del primo diario da Chiasso per SpazioTennis, aggiungendo che avrebbe cercato di combinare qualcosa per essere inserita anche in quello di oggi. Non c’è bisogno di combinare qualcosa, perché la costante disponibilità a scarrozzare giocatrici, arbitri, giornalisti ed allenatori e la gentilezza mostrate sono motivo più che sufficiente per fare anche oggi la comparsa in questo pezzo.

Primo evento della giornata del circolo è la Coppa Davis. No, non sto parlando di qualche match della competizione internazionale a squadre, bensì proprio della Coppa, vinta dalla Svizzera nel 2014 e posta in esposizione al circolo, sotto l’occhio vigile di un energumeno dell’ITF pronto a fulminare chiunque si avvicini troppo. L’idea di poterla toccare per ricevere un po’ di abilità Federeriane o Wawrinkiane compare a lampadina più volte nella mattinata, ma è proprio il suddetto energumeno a premere l’interruttore e spegnere ogni velleità. Un paio di foto e mi accontento.

La Coppa Davis

Oggi, in occasione della finale, noto che al circolo gli organizzatori sono tutti più eleganti, scatenando anche un po’ di simpatica ironia da parte dei collaboratori. “Il direttore deve avere l’acqua in casa!” si sente, ad esempio, in riferimento al pantalone sopra la caviglia del direttore Mangiacavalli, in camicia e cravatta ed intento a ricevere le due protagoniste di giornata, Reka Luca Jani ed Alexandra Cadantu, accolte con un bell’applauso dai presenti. Applauso forse anche di sollievo alla vista della rumena, alle prese con un fastidioso infortunio alla spalla che ha fatto temere la cancellazione della finale per ritiro. Alexandra vuole già scendere in campo ad allenarsi e testare il suo fisico, prima del match ufficiale.

A nuovamente ironica nota, manca lo sparring partner, in arrivo dal milanese dove ha appena giocato un match della Serie C italiana. Ironica perché forse, giocando troppo spesso con la rumena, ha assorbito della Romania la curiosa caratteristica di vincere o perdere match dall’andamento senza logica. Il mio orecchio coglie infatti che ha vinto il suo set decisivo per 7-5, quando era sotto 0-5 15-40. Come si dice, l’importante è vincere!

Qualche foto in giro per il circolo, un veloce pranzo e la predisposizione di un po’ di domande da sottoporre alla vincitrice del match in arrivo precedono la finale, pronta a cominciare. Colgo l’occasione di qualche secondo libero di Matteo Mangiacavalli ed Anna Ceracchini per fare un paio di foto anche ai due principali organizzatori dell’evento, intenti a discutere della cerimonia di premiazione successiva al match. Ancora una volta il tempo è splendido, il sole splende caldo in cielo ed una leggera brezza stempera la primaverile calura. Ed ancora una volta spero di non tornare a casa color aragosta, ma questa volta il mio cappello credo abbia funzionato.

Matteo Mangiacavalli e Anna Ceracchini

Il match comincia nel modo che di certo non ti aspetti. Alexandra Cadantu entra in campo con tutto il tennis che le ha permesso di entrare nelle top60 al mondo ed anche un’ottima Reka Luca Jani non riesce a contrastare le accelerazioni lungolinea millimetriche della rumena e le sue strenue difese. In un set a senso unico qualcosa però cambia verso la fine. La Jani trova modo di fare breccia nel gioco della rumena, con dropshot, discese a rete e variazioni di ritmo alternate ad ottime accelerazioni. Il set va alla Cadantu per 6-3, ma i segnali di fine set trovano conferma nel secondo parziale. La miglior Jani che probabilmente il circuito abbia mai visto disintegra di palle corte e lob la povera Cadantu, sempre più stanca ed affaticata e di nuovo alle prese con i suoi problemi alla spalla. I conti vengono pareggiati ed un nuovo 6-3, stavolta ungherese, porta tutto al terzo.

Sembra che la Cadantu possa avere ora vita facile: un calo di pressione della Jani porta la rumena avanti prima 3-0 e poi 5-2, con doppio break di vantaggio, ma come precedentemente introdotto rispetto ai risultati dei conterranei del vampiresco Dracula, il choke è dietro l’angolo ed il 5-5 ne è conseguenza. La stanchezza è chiara nei volti e nei movimenti di entrambe, che comunque tengono molto alta l’asticella del livello del match. È anche la grinta ad avere un ruolo chiave in questo equilibrio. Titolo di esempio sono i primi due punti dell’undicesimo game: ennesimo dropshot della Jani, stavolta intuito e recuperato con un dritto vincente, a cui la Cadantu, per chiara disperazione, fa seguire un rumorosissimo “AJDEEE!” in faccia all’ungherese, che risponde per le rime nel successivo punto: altro dropshot, millimetrico e vincente, con sguardo inferocito verso gli occhi della rumena.

Reka Luca Jani

Il tiebreak è naturale conseguenza. La prima ad avere un match point, l’unico del suo match, è la Cadantu, che se lo vede annullare con due nastri e poi un lob vincente. Il secondo match point è invece della Jani e stavolta è decisivo: discesa a rete, volée di approccio e smash a chiudere.

Durante la cerimonia, entrambe le giocatrici dimostrano di essere molto corrette e molto sportive, congratulandosi con l’altra per il grande match che hanno giocato (a dire la verità, questa finale non sembrava affatto quella di un 25k, ma quella di qualche categoria superiore… davvero di altissimo livello!), e la sfortuna sembra volersi addirittura prendersi gioco della Cadantu, quando il banner pubblicitario dietro di lei tenta per ben due volte di caderle in testa per colpa di qualche bava di vento.

La rumena, assieme al fidanzato-allenatore che l’ha seguita tutta settimana, mi saluta e mi assicura che la sua spalla starà meglio presto, non prima di qualche giorno di totale relax, per i quali io consiglio una mini vacanza nella vicina Italia. La Jani invece si concede all’intervista che mi è stata promessa nella giornata di ieri e che potete trovare a questo link. L’ungherese è molto timida, ma si dimostra molto dolce quando dedica tutte le sue vittorie settimanali al suo allenatore.

La registrazione della sua intervista che ho poi riascoltato e sbobinato al pc è leggermente disturbata dalle estrazioni dei premi della lotteria organizzata dal circolo: ho tentato anche io la fortuna con un biglietto, ma la signora Viviana, anch’ella dedicata ai trasporti di giocatrici e non, è stata troppo brava nella sua campagna vendite: stalkerizzare con gentilezza spettatore per spettatore ed ottime capacità di marketing hanno dato i loro quasi 1500 “frutti” e le mie probabilità di vincita erano ridotte al lumicino (infatti non ho vinto).

Terminato i miei ultimi compiti è ora di saluti e di raggiungere i treni che mi trasporteranno a casa. Direttore del torneo e Presidentessa del circolo compiono un ultimo gesto di gentilezza, donandomi rispettivamente un ottimo coniglietto di cioccolato svizzero (che mi ha salvato da una crisi ipoglicemica durante il viaggio di ritorno, in cui bramavo la cena che vedevo ancora lontana) ed una preziosa bottiglia d’acqua, che dopo 4 ore sotto al sole è stata più che apprezzata.

Ah, dimenticavo! La signora Daniela mi ha portato in stazione anche stavolta, ma questa volta mi ha assicurato che avrei potuto scendere con calma. Peccato, mi ero già preparato un “Geronimooo” in uscita dall’auto in corsa!

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