Impressioni dal Torneo Avvenire

di Andrea Villa

La settimana più bella dell’anno è finita. Così mi piace definire i giorni del Torneo Avvenire, ormai giunto all’edizione numero 48. Un momento in cui il TC Ambrosiano si trasforma, cambiando pelle per ospitare il futuro del tennis, sperando di scoprire ancora una volta qualche prossimo numero uno. Gli spunti a conclusione della manifestazione riservata agli under 16 sono sempre molti, soprattutto per me che da tempo faccio parte dell’organizzazione. Senza dubbio negli ultimi anni è diventato più complicato preparare al meglio un torneo molto costoso, in cui i giocatori hanno l’ospitalità garantita fino al giorno dell’eliminazione dal tabellone di singolo e di doppio. Il lato economico pesa in maniera notevole, gli sponsor scappano, e la buona volontà non riesce a coprire ogni necessità. Quest’anno sono emerse alcune lamentele, a volte esagerate altre pertinenti, la speranza è quella di tornare al periodo in cui era facile trovare risorse e disponibilità, garantendo un “Avvenire” di alta qualità.

Vivendo l’evento dall’interno ho la possibilità di incontrare maestri e giocatori, semplici appassionati che tornano ogni anno, ed anche rappresentanti di aziende a caccia di novelli talenti. La federazione ha mandato Antonella Serra Zanetti e Simone Colombo ad osservare, a cercare di valutare il comportamento dei tennisti italiani, portando fortuna al vincitore del singolare maschile: Filippo Baldi. Il ragazzo di Vigevano ha trionfato senza grandi difficoltà, rischiando un po’ in semifinale con il cipriota Chrysochos, prima testa di serie, mentre in finale, dopo aver salvato due set point nel tie break del primi set, ha trovato la strada completamente libera; infatti l’argentino Pane non ha raccolto più nemmeno un game, per la gioia del pubblico, bagnato da un sole cocente: dopo 43 anni un italiano scrive il proprio nome nell’albo d’oro maschile. Baldi ha perso venerdì la finale del doppio, in coppia con l’argentino Bahamonde, perdendo al super tie break contro Chrysochos e Lebdyn, arrivati in semifinale nel singolo.

Nel torneo femminile Alessandra Gisonna ha raggiunto la semifinale, sconfitta dalla bielorussa Shymanovich; brutta partita per l’italiana che ha finito in lacrime, sconfortata da una prestazione deludente. La finale femminile è stata abbastanza modesta, a causa della pessima prestazione dell’ungherese Anna Bondar, che in settimana invece aveva giocato molto bene. Partita rapida e poco equilibrata, piena di errori gratuiti e tanta stanchezza, forse a causa dei doppi e tripli match giocati nei giorni precedenti, a causa della pioggia che ha ritardato il programma ad inizio torneo. 61 63 il punteggio per Iryna Shymanovich, ragazza robusta, che ha vinto anche il doppio in coppia con la moldava Bolsova.

I finalisti maschili sono entrambi del 1996, mentre le femmine del 1997 e allenate dai rispettivi padri. Hanno tutti alle spalle ottimi risultati a livello nazionale, e piazzamenti in tornei Eta, in particolare le ragazze. Non sono i migliori under 16 del mondo, tuttavia una vittoria al Torneo Avvenire è sempre un risultato prestigioso, soprattutto buttando l’occhio sull’albo d’oro. Ormai dal punto di vista tecnico le differenze tra giovani di paesi diversi sono minime, l’impressione è quella che si prediliga un tennis solido da fondo campo, di ritmo e regolarità, con pochissime variazioni. Non ho visto grandi battitori, mentre c’è ancora l’uso della smorzata, e le discese a rete compaiono soltanto quando si è costretti dall’avversario ad avvicinarsi.

Nelle qualificazioni maschili su 64 giocatori solamente 9 erano stranieri, tra cui due australiani. In quelle femminili, a fronte di 6 bye, 11 erano le giocatrici provenienti dall’estero: un dato significativo per un torneo in cui le presenze italiane sono in aumento ogni anno. Lascio libera interpretazione di questa piccola statistica. Senza dubbio molti tennisti di casa nostra farebbero meglio a spostare i propri obiettivi verso gare più accessibili, invece che prendere un doppio 60 al primo turno delle qualificazioni. Partecipare è legittimo, ma spesso mi chiedo a cosa serva uscire subito, magari dopo un match di appena 40 minuti. C’è la tendenza ad una sopravvalutazione, ad un tentativo di emulare coach e atleti di livello superiore senza avere credenziali e talento: una riflessione su questa mia personale critica credo vada fatta.

Gli stranieri hanno una marcia in più, nonostante i buoni risultati dei ragazzi che in tre hanno raggiunto i quarti e la semifinale della Gisonna. Forse perché sanno di essere ospiti, hanno pazienza e minori pretese, e quando hanno bisogno qualcosa chiedono con educazione e soprattutto ringraziano. Mi impressionano sempre i tennisti dell’est Europa, ragazzi tutti d’un pezzo, che parlano poco e faticano molto. Bellissimo gruppo quello australiano, attraversare il pianeta per giocare le qualificazioni è segnale di grande cultura sportiva, e poi si portano dietro una simpatia ed una passione per il tennis autentica: una vera squadra.

Se vogliamo alzare il livello dei nostri giovani, mandiamoli all’estero, facciamo in modo che imparino le lingue lungo le strade del mondo, mischiamoli agli altri, non teniamoli chiusi nei circoli. Devono perdere quell’aria provinciale che hanno, devono slegarsi dalle piccole realtà in cui si sentono numero uno, devono crescere come gli altri lontano da casa, arrangiandosi, subendo un po’ per diventare più forti. È forse l’unico modo per emergere in uno sport altamente competitivo, giocato ormai in quasi tutte le nazioni. La vittoria di Baldi ha sfatato la lunga tradizione di sconfitte in finale: Nargiso, Calvelli, Luzzi, Piccari e Della Tommasina nell’arco di oltre venti anni. Speriamo possa migliorare ancora, magari smussando qualche ingenuità caratteriale, che gli perdoniamo soltanto per l’età: il tennis maschile ha bisogno di ragazzi che mantengano promesse, diventando finalmente campioni.

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