Matteo Berrettini: “La testa conta quanto il fisico”

Lapo Castrichella
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Matteo Berrettini - Foto Dubreuil Corinne:ABACA

In un’intervista rilasciata a Men’s HealthMatteo Berrettini, classe 1996, ex finalista a Wimbledon e due volte campione in Coppa Davis, ha parlato a tutto tondo del suo percorso, toccando temi che vanno dal lavoro fisico a quello mentale, fino alla gestione della vita quotidiana da tennista professionista. Un racconto diretto, personale, costruito su sensazioni ed esperienza.

Il fisico: imparare ad ascoltarsi

Il rapporto con il corpo, per Berrettini, è cambiato nel tempo. Guardando indietro agli inizi, ammette: “Da ragazzino amavo lavorare sulla parte alta del corpo: spalle, petto, cresci e senti subito i miglioramenti. Poi ho capito che nel tennis anche le gambe sono fondamentali”. Una presa di coscienza legata anche alle sue caratteristiche fisiche: “Io metto massa in alto molto facilmente, per questo rischio di appesantirmi”. Tra i tanti esercizi inseriti nella routine quotidiana, uno in particolare ha conquistato un posto speciale:Il deadlift monopodalico. Mi piace da matti”.

Prevenzione come filosofia quotidiana

La parola chiave del lavoro fisico è prevenzione. Una strada che Berrettini segue in modo estremamente concreto: “Core, caviglie, ginocchia, spalle, polsi, gomito, ci sono mille piccoli esercizi che aggiungiamo ogni giorno”. Nel dettaglio emerge anche l’utilizzo di strumenti molto specifici, come il BFR: “Per il gomito uso il BFR (Blood Flow Restriction), quella fascia che ti comprime il braccio e sovraccarica il muscolo dell’avambraccio. Lavora il doppio”.

La testa non va mai in pausa

Se il corpo è centrale, la mente lo è tanto quanto. Berrettini lo dice senza giri di parole: Il lavoro mentale dura 365 giorni l’anno. Non riguarda solo la performance, riguarda tutto: approccio agli allenamenti, viaggi, vita. Devi saper gestire ogni dettaglio”. Niente rituali complicati, però. La sua arma principale resta la semplicità:“Chiudo gli occhi, respiro, rallento. Tendo sempre ad andare veloce, a volte troppo. Quando c’è una competizione importante devi rallentare. Prenderti il tuo tempo, disintossicarti da tutto: telefono, notifiche, informazioni esterne”.

L’affetto dopo la Davis e il bisogno di staccare

Dopo la Coppa Davis l’ondata di affetto è stata travolgente: “È bellissimo sentire l’affetto delle persone”. Un entusiasmo che ha provato a gestire rispondendo a tutti, prima di sentire il bisogno di staccare da tutto: “Sono andato alle Maldive con la mia famiglia. Una cosa che non facevamo da tempo”.

Sonno, integrazione e alimentazione

Tra i temi più delicati c’è quello del sonno: “Non sono mai stato un grande dormiglione. Addormentarmi è dura, poi ci si mettono jet lag, cambi di letto, orari, ma sto migliorando”.
Anche l’alimentazione è una sfida costante, soprattutto viaggiando di continuo: “Con tutti i viaggi che facciamo, è difficile seguire una dieta ferrea. Per questo l’integrazione diventa importantissima. La pasta in bianco, con un buon parmigiano e un buon olio. Sembra facile trovarla all’estero, vi assicuro che non lo è”.

L’aggressività come chiave

Per Berrettini, uno degli aspetti su cui fare davvero la differenza è la risposta: “Quando riesco a essere aggressivo in risposta, l’avversario sente pressione. I miei game di servizio vanno via abbastanza facilmente: se creo più chance in risposta posso davvero spostare l’ago della bilancia”.

Nessuna ossessione per i risultati

Guardando avanti, Berrettini non sente il bisogno di fissare obiettivi numerici: “Non mi do obiettivi di risultato, non perché voglia nascondermi, ma perché non mi stimola più di tanto. So che i risultati arrivano passando da altro. La Coppa Davis lo ha dimostrato”. La priorità, oggi, è chiara: “Devo dare priorità a stare bene e godermi quel che faccio, sono carico. Davvero carico”.

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