A tu per tu con Peter Wessels: “Federer in passato? Perdeva spesso le staffe!”


Sono passati già più di dieci anni da quando Peter Wessels ha appeso la racchetta al chiodo. Una carriera soddisfacente, che per qualcuno poteva essere molto più gloriosa. Quando Peter era solo un ragazzino se ne diceva davvero un gran bene ed i risultati ottenuti tra gli Juniores erano un biglietto da visita con i fiocchi per un futuro radioso tra i professionisti. Wessels non ha però mai raggiunto posizioni importanti nelle classifiche e vinto titoli prestigiosi, ma è stato un giocatore ostico da affrontare per chiunque. Quando il suo tennis offensivo e votato al gioco d’attacco funzionava erano seri guai anche per i più forti. Basta chiedere a Rafter, Safin ed anche ad un certo Roger Federer.
Ed oggi, nonostante il caldo tropicale degli Emirati, le emozioni di tanti anni passati a colpire una pallina in giro per il mondo fuoriescono, quasi intatte, dalla sua mente. 
Hai cominciato a giocare negli anni ’90, un periodo di gran spolvero per il tennis. Quali sono i tuoi ricordi?
Sono diventato professionista nel 1995 mentre i miei idoli Edberg e Becker giocavano ancora. Era anche il periodo di Courier, Agassi, Sampras, Stich e molti altri. Credo che sia stata l’epoca con i giocatori più forti della storia del tennis.
Da vincitore di uno Slam ( in doppio nel 1995 in coppia con Raemon Sluiter), quanto è importante per te nel percorso di crescita di un giocatore la fase tra gli Junior?
Ho ottenuto grandi risultati da Junior. Semifinali a Wimbledon e agli US Open ed ho vinto i Campionati Europei U18. Sono stato numero 2 al mondo. E’ importante perché ti comincia a far capire come funziona la vita sul Tour e ti prepara al grande passaggio tra i pro. Giochi match contro giocatori forti e diversi ed è importante perché ci si abitua a viaggiare e a dover affrontare partite ogni settimana. Per me giocare a livello Junior è stato anche importante perché ottenendo buoni risultati ho ricevuto un contratto di sponsorizzazione, che mi ha permesso così di viaggiare insieme ad un coach. Un passo fondamentale nel delicato passaggio al tennis professionistico.
Hai un record di 1-1 negli scontri diretti con Roger Federer. Lo hai sconfitto a Tashkent nel 1999 mentre lui ebbe la sua rivincita agli US Open del 2000 in un match molto duro, terminato con il tuo ritiro sul 3-4 nel quinto set. Com’è stato giocare contro Roger?
Roger era ancora giovane a Tashkent, penso fosse appena entrato tra i primi cento giocatori al mondo. Potevi già notare a quell’epoca però quanto fosse talentuoso, anche se aveva ancora dei punti deboli: il rovescio ed anche la tenuta mentale. Perdeva le staffe e si arrabbiava molto con se stesso. Un anno dopo agli US Open era già un giocatore diverso. Non mostrava debolezze sui colpi ed era soprattutto cresciuto mentalmente. A Flushing Meadows era già intorno alla posizione numero 25 delle classifiche (era invece numero 40 del mondo, ndr) e ricordo di essermi trovato in vantaggio due set a zero ed aver avuto match-point non concretizzato nel terzo. Mi ritrovai al quinto. Sul 4-3, Roger servì una seconda al corpo e per colpire la palla poggiai male il piede e mi stirai tutti i legamenti della caviglia destra. Dovetti star fermo per un anno intero. E’ stato davvero un peccato perché stavo giocando davvero bene ed avevo appena un mese prima conquistato il mio primo titolo a Newport.
Pochi sanno che hai sconfitto giocatori del calibro di Safin e Rafter, ma anche due ragazzini chiamati Andy Murray e Stan Wawrinka. Com’è stato giocare contro di loro quando erano all’inizio delle loro carriere?
Murray era davvero giovane quando l’ho affrontato. Io ero già all’incirca nella top-100, era al Challenger di Bolton. Murray aveva sedici anni e giocava grazie ad una wild card. Non ricordo molto di quel match, soltanto che Andy era un po’ scontroso e non sembrava essere felice in campo. Il match con Wawrinka invece è stato molto importante per me. Fu il mio esordio in Coppa Davis ed ero già consapevole del fatto che era in grado di giocare davvero bene a tennis nonostante fosse lontano dai più forti. Mostrava già qualcosa del vero Wawrinka, il tennista capace di vincere tre Slam, e la considero perciò una grande vittoria. Fu un match lungo ed equilibrato, con molti tie-break che si decisero in modo molto combattuto.
Il tuo gioco serve&volley era molto eccitante. Sei arrivato al numero 72 delle classifiche ed hai vinto un titolo a Newport. Hai rimpianti?
Ho sempre amato giocare il serve&volley ed ho sempre preferito attaccare piuttosto che remare sulla riga di fondo. Non ho molti rimpianti perché alcune decisioni che ho preso le ritenevo giuste in quel preciso momento. Soltanto quando mi sono ritirato ho realizzato che avrei dovuto giocare in modo ancora più offensivo, preferendo il serve&volley al gioco da fondocampo.
Qual è secondo te lo stato attuale di forma del tennis olandese? Pensi che ci saranno a breve nuovi giocatori dall’Olanda nei posti alti delle classifiche?
Al momento non sembra essere in gran forma. Abbiamo buoni giocatori che stanno facendo ottime cose come Robin Haase e Kiki Bertens, e dietro di loro svariati altri compresi tra i primi 100-200 al mondo. Ma non sembrano esserci giocatori emergenti al momento. Credo che funzioni un po’ ad ondate, in alcuni periodi hai tanti giocatori ed in altri hai bisogno di essere paziente e lavorare sodo per portare i più giovani in cima. Succede ovunque, Germania, Svezia, Stati Uniti. In alcuni anni puoi ritrovarti con 4-5 grandi giocatori di talento ed in altri possono non esserci giovani in alto nelle classifiche.
Qual è, secondo te, il miglior match che hai giocato in carriera?
Domanda difficile. I match migliori li ho giocati sull’erba dove ho espresso il tennis più congeniale alle mie capacità: aggressivo e sempre offensivo. Direi i quarti di finale a Newport contro Bjorkman ed i quarti a Rosmalen contro Robredo. Sconfissi entrambi in due set giocando probabilmente il mio miglior tennis.
Il giocatore che più ti piace guardare?
Devo dire Federer. Tecnica sublime e bellissimo da guardare. Guardalo, è ancora lì a giocarsela con i migliori ancora oggi! Quand’ero un ragazzino senz’altro Becker. Non guardavo molto tennis in tv, ma mi ci attaccavo letteralmente quando lui o Edberg giocavano.
So che vivi ed insegni a giocare a tennis ad Abu Dhabi. Dicci qualcosa riguardo questo progetto.
Lavoro per la Zayed City Tennis Academy. Abbiamo varie sedi intorno ad Abu Dhabi. Io attualmente sono all’Emirates Palace Hotel, un albergo magnifico. Alleno principalmente stranieri che si trovano ad Abu Dhabi ed a volte alcuni ospiti dell’hotel. Mi piace davvero questo lavoro, adoro soprattutto il fatto di poter insegnare ai bambini più piccoli uno sport bellissimo, utilizzando le mie conoscenze per farlo.

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