I protagonisti del Master: Tomas Berdych

berdych interno

di Luca Fiorino

Un sapore particolare, oserei dire di amaro in bocca per chi sa di aver avuto l’occasione di fare un grande exploit ma che, ancora una volta, nel momento decisivo non si è fatto trovare presente. Quale miglior modo allora per descrivere e riassumere la stagione 2014 di Tomas Berdych. Nell’anno in cui i big hanno concesso qualcosa negli appuntamenti clou, dal ceco ci si aspettava quell’acuto tale da permettergli di abbandonare quello status da eterno piazzato. Di certo avrà mal digerito le sconfitte rimediate da Stan Wawrinka agli Australian Open e Marin Cilic agli Us Open, soprattutto dopo averli visti gioire solo qualche giorno dopo. Una pesantezza di palla incredibile ed un tennis adatto a tutte le superfici, non è un caso che il ceco abbia raggiunto almeno le semifinali in tutte le prove dei Grandi Slam. Ecco dunque che emerge chiaramente come il suo problema sia più che altro di natura mentale che non tecnica ma ahinoi non lo scopriamo solo oggi. Sicuramente anche il fisico non lo aiuta, 196 cm per 91 kg richiedono una preparazione specifica e dei sacrifici che non gli permettono di essere lucido e al top per più settimane consecutive, a maggior ragione dopo le fatiche di un intero anno. Detto ciò, per queste ragioni dovremmo ritenere Tomas un semplice outsider per le Atp Finals in programma dal 9 Novembre a Londra. Dovendo però redigere un bilancio di questo 2014 che volge ormai al termine, appare alquanto ingiusto pensare di definirlo fallimentare. Il ceco d’altronde ricopre tutt’oggi la quinta posizione della classifica mondiale, il suo best ranking, e parrebbe poco rispettoso non riconoscere la costanza di risultati del tennista proveniente dalla Moravia nel corso dell’ultimo lustro. Le premesse per una grande stagione erano più che buone visti i risultati nei primi tornei disputati. Partito a singhiozzo a Doha dove uscì al primo turno contro Ivo Karlovic subito si riscattò raggiungendo la semifinale agli Australian Open (sopra menzionata) e vincendo il torneo di Rotterdam. La stagione sembrava aver preso la direzione giusta: altra finale nel torneo Atp 500 di Dubai persa in tre set contro Roger Federer e semifinale al Master 1000 di Miami non giocata per via di una gastroenterite. Berdych sembrava finalmente essersi scrollato di dosso quell’etichetta di giocatore inaffidabile e incostante anche se tanto per cambiare alla fatidica “prova del nove” fallì nuovamente. Se la sconfitta nel secondo turno di Indian Wells contro Bautista Agut poteva essere dovuta alla stanchezza accumulata nei tornei precedenti, non si possono giustificare più di tanto le successive battute d’arresto a Monte Carlo con Guillermo Garcia Lopez (seppur in grande spolvero in quella settimana) ma soprattutto ad Oeiras in finale contro Carlos Berlocq. Poco positiva anche la stagione sull’erba al Queen’s ed a Wimbledon dove uscì ai sedicesimi di finale contro Marin Cilic e quella sul cemento americano. Inaccettabili sono poi le sconfitte rimediate prematuramente contro Vasek Pospisil, Feliciano Lopez e Yen-Hsun Lu rispettivamente a Washington, Toronto e Cincinnati. Poi come detto altra sconfitta rimediata contro Marin Cilic nei quarti di finale degli Us Open e piccola delusione in Coppa Davis in cui la sua Repubblica Ceca si è dovuta arrendere alla Francia di Richard Gasquet e Jo-Wilfried Tsonga. In queste ultime settimane il ceco sembra aver ritrovato un discreto stato di forma e una buona fiducia in sé stesso. I risultati sono dalla sua, a partire dalla finale raggiunta a Pechino in cui a fermarlo ci è riuscito solo un super Novak Djokovic e dal trionfo ottenuto in finale sui campi indoor di Stoccolma contro Grigor Dimitrov. Certamente stupisce poi vederlo perdere al primo turno in quel di Valencia, sempre sui suoi campi preferiti, contro un giocatore poco avvezzo a queste superfici come Pablo Andujar o assistere all’eliminazione di Shanghai subendo un sonoro 6-0 al terzo da Gilles Simon (vero che arrivò in finale ma pur sempre di un bagel si tratta). Difficile dire dunque cosa bisogna aspettarsi da Tomas in queste Atp Finals, in una stagione in cui ha alternato alti e bassi con una maggiore prevalenza di acuti che non di débacle. Sarà che il pubblico si attende da lui sempre qualche risultato di livello (ne ha ben donde considerando la qualità e le potenzialità del tennista ceco) ma alla fin fine, come spesso si è detto, il solo talento non basta se non si è in grado di approcciare mentalmente e fisicamente a certe partite. In un appuntamento come quello di Londra in cui si affrontano i migliori tennisti al mondo, se non si ha uno schema diverso da quello di colpire la palla sempre al massimo senza mai adottare un piano tattico di riserva sarà difficile vedere Berdych fra i papabili vincitori. Il ceco arriva a questa manifestazione in discreta forma e con quella consapevolezza di poter giocare senza aver nulla da perdere pur sapendo che questa sia l’ultima occasione della stagione per regalare ai suoi fans un’impresa memorabile. D’altronde Roger Federer pare l’unico veramente in forma. Il neo-papà Djokovic non sembra al top e con l’assenza di Rafael Nadal fra i partecipanti, i sogni di gloria di qualche outsider potrebbero concretizzarsi realmente. Londra è alle porte, il countdown è già partito e l’attesa si fa sempre più estenuante perché quest’anno, a differenza di altre volte, stabilire a priori chi vincerà il Master è un compito più che arduo.

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