5 motivi per amare Jo-Wilfried Tsonga

Jo-Wilfried Tsonga

di Sergio Pastena

C’è un omino in Francia che quando serve fa lo stesso movimento che io faccio quando lancio le freccette, con la differenza che lui col servizio non lascia buchi sui muri. Oddio, omino per dire visto che è alto quasi 1.90 e se facessimo a cazzotti mi frantumerebbe con un braccio legato.

Il nome di quell’omino è Jo-Wilfried Tsonga.

Ora, chi mi conosce quando legge come autore “Sergio Pastena” pensa “Oddio, ha scritto la Bibbia”. Tranquilli, non c’è pericolo. Voglio solo omaggiare un tennista di quelli che “è di gran lunga meglio avercelo che no” senza fare sproloqui. Per questo vi dico brevemente cinque motivi per amare Tsonga.

1) Perché è un francese ma non è un francese. Brillante da ragazzino, vincitore di Slam juniores, clamorosa vittoria all’esordio nel circuito maggiore, fin qui potrebbe sembrare un Gasquet qualunque. Lui, però, in finale a uno Slam ci è arrivato e, soprattutto, non ha mai avuto lo sguardo bamba dei ragazzini prodigio d’oltralpe, eterni rappresentanti di un tennis tanto predestinato quanto perdente. E anche se non ha mai vinto Slam, ha portato a casa due Atp 1000, molto meglio della fraccagnata di Atp 250 (in totale 26) e promesse dei suoi colleghi Richard e Gael (che ora, per smentirmi, vincerà a Monte Carlo).

2) Perché il suo servizio ha grosso modo la stessa ampiezza del mio gesto quando gioco a freccette, con la differenza che non lascia buchi sul muro come i miei tiri. Ci fosse un muro, infatti, Jo-Wilfried lo sfonderebbe. Quale alchimia sia nascosta in quella rotazione cortissima ancora non l’hanno capito.

3) Perché, e qui dò ragione a Scanzi, Tsonga è pura gioia. Viviamo un tennis congelato, anestetizzato, dove il massimo della grinta è rappresentato da qualche urletto contenuto e dai “Vamos!” di Rafa Nadal, che sono circa un terzo dell’esultanza che facevo io a 15 anni quando passavo un quadro a Carmageddon. Tsonga sbuffa, esulta, si maledice, si carica, fa qualunque cosa sia possibile fare. Ma è sempre autentico. E la somiglianza con il grande Alì aiuta.

4) Perché, vedi sopra, pur non provocando a tutti i costi va fuori dalle righe. A volte non ci capisci molto: nel 2013 si incazza perché lo costringono a giocare la Davis (pur avendo giocato tanti match). Nel 2014 si incazza perché il pubblico applaude più Federer che i francesi. Poi si incazza per l’infortunio e si prende la responsabilità della sconfitta. E poi mi sono incazzato io con chi l’ha criticato per la sua partecipazione a un’esibizione, senza sapere che una contrattura lì per lì fa male ma guarisce rapidamente. “Come si fa a essere indisponibile una partita e giocare una settimana dopo?”. Come fanno tutti, pirla: una settimana non puoi giocare e quella dopo guarisci. Ti pare possibile che si sia tirato indietro per paura di un Federer demolito da Gasquet nel Day 1 e che aveva già battuto cinque volte?

5) Perchè sotto sotto sono un romantico, e anche se Tsonga “non la tira piano” incarna l’essenza romantica del tennis.

E se qualcuno si fosse chiesto “Ok, tutto giusto, ma perché proprio ora fai sta sviolinata?”. La risposta è…

Auguri per i tuoi 30 anni appena compiuti, Jo.

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