Adamo ha allevato un Caino

Caino e Abele
di Andrea Villa
Nulla accade per caso, c’è sempre una sottile trama di fondo a portarci in un luogo, ad incontrare persone, a trovare qualcosa di inatteso, un cambiamento che soltanto nel tempo diventa consapevole. Ho trovato il blog Genitori e Figli quasi due anni fa, una banale ricerca mi ha condotto fino ad esso, senza sapere minimamente di che cosa si occupasse. Una scoperta in mezzo alle tante maglie della rete, un mare di parole in cui fare ordine risultava difficile, perché non riuscivo ad afferrare la genesi, l’inizio di un percorso già ben avviato. Mi sono buttato in mezzo con morbida curiosità, non avventandomi in maniera decisa, leggendo poco alla volta, nel tentativo di mettere in fila gli eventi, inquadrare le persone, comprendere le diverse visioni. Da sempre sono molto critico nei confronti della precocità, in tutte le faccende della vita, preferisco che sia la natura a dettare i tempi e le mosse da fare: un aspetto del mio carattere che talvolta mi ha aiutato a tenermi lontano dai guai. Uno spazio gestito da genitori di piccoli tennisti sembrava molto distante dalla mie convinzioni, senza dubbio si doveva trattare dei soliti fanatici alla caccia del bambino d’oro, del talento da vendere al miglior offerente. Invece spulciando pagina per pagina, mi sono dovuto ricredere, la qualità degli interventi, le esperienze raccontate, i consigli suggeriti avevano un enorme valore, anche per chi come me da anni ha fatto dell’insegnamento un mestiere. Ho cominciato con estrema prudenza a lasciare timidi commenti, perché quando si entra in una nuova comunità è meglio chiedere ospitalità educatamente, ma subito ho avuto le risposte che meritavo. Non ho figli, soltanto tanti allievi da accudire, eppure non mi sono mai sentito fuori posto, in una piazza dove tutti potevano esprimersi in piena libertà, tenendo ben presente la centralità della discussione. Un servizio prezioso da cui attingere risorse spesso introvabili, forse unico nel suo genere, in cui ritornare molto volentieri. Spesso ho stampato lunghi interventi, per averli con me in campo, e offrirli ai ragazzi, senza sentirmi un povero stupido, un maestro poco competente, magari capace soltanto di scopiazzare qua e la. Non amo le categorie, le corporazioni, nemmeno i titoli, non mi interessa se il mio interlocutore è un avvocato, un notaio, un architetto o un medico; chi ha qualcosa da dire ha sempre le mie orecchie pronte ad ascoltare, perché si può imparare da chiunque. Non mi piace nemmeno leggere che tutti i maestri sono poco preparati, scarsamente colti, svogliati e preoccupati soltanto del proprio tornaconto; in ogni mestiere ci sono persone scrupolose, e altrettante mediocri, tanto per essere banali non si deve mai fare di un erba un fascio. La stessa argomentazione vale per i genitori, per i dirigenti, i preparatori atletici, i giornalisti e le altre figure che si occupano di tennis più o meno direttamente. Forse non è questo il punto, almeno non lo era all’inizio, quando le proposte prescindevano dalla prosopopea di alcuni, dalla maledetta certezza di avere ragione, di portare con sé l’unica innegabile verità. Gli italiani sono campioni nella diaspora, nel coltivare il proprio giardino, pensando di possedere inconfessabili segreti, e quando qualcuno li avvicina, anche con le migliori intenzioni, si sentono minacciati, virando verso la solita tattica: l’attacco personale. Un comportamento sgradevole, che sposta l’attenzione dal vero obiettivo, la serena crescita di bambini con la racchetta in mano. Una parola mi spaventa ogni volta che la sento: assoluto; un termine che non lascia margine, come se ci fosse un limite oltre il quale qualunque ragione non ha ragione di esistere. Non è un banale gioco dialettico, piuttosto un velato tentativo di porsi sopra gli altri, di alzare un muro invalicabile, un confine extraterritoriale. Non è affar mio sapere il motivo di malcelate diffidenze, di rancori sgorgati all’improvviso, tuttavia negli ultimi tempi Genitori e Figli sembra aver perso l’innocenza che necessita un blog del genere. Qualcuno ha usato la parola illuminati, toccati dalla luce, un bagliore che stento a vedere, mentre pericolose ombre appaiono più vicine. Nel mio circolo si sta disputando un Torneo di Macroarea, una bella manifestazione con mini giocatori davvero bravi; pur osservandoli quasi di nascosto, ho notato da parte di alcuni genitori i soliti stucchevoli atteggiamenti, a danno naturalmente dei figli, preoccupati per fortuna soltanto di giocare e divertirsi. Guardandoli ho pensato alle tante cose lette nel blog, ai buoni propositi, alle meravigliose idee, alle tesi e alle loro puntuali confutazioni. Nel mio silenzio di modesto insegnante ho sperato che Adamo non stesse allevando un altro Caino.
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