E Davis Cup Junior fu…


(Gianluigi Quinzi e Filippo Baldi – Foto Srdjan Stevanovic)

di Alessandro Nizegorodcew

Non è uno Slam, non è una vittoria Atp né tantomeno un passaggio del turno nel World Group di Coppa Davis. Non è un’impresa che riempie le pagine dei giornali, né i titoli di Gr o Tg. E’ una vittoria che, però, non può passare del tutto inosservata. Portare a casa una Davis Cup Junior non capita tutti i giorni, soprattutto se a trionfare sono stati due dei più promettenti tennisti azzurri degli ultimi anni: Gianluigi Quinzi e Filippo Baldi.

Sotto la guida del tecnico federale Simone Colombo e insieme ai compagni di avventura Mirko Cutuli e Jacopo Stefanini, Baldi e Quinzi hanno trascinato l’Italia alla conquista della prima Davis Cup Junior della propria storia.

Come è ovvio ed evidente non bisogna certamente esaltarsi per una vittoria del genere. Bisogna rimanere con i piedi per terra, analizzare i pregi e i difetti dei nostri ragazzi, capire che il mondo del professionismo è quanto di più lontano possibile da ciò che Quinzi, Baldi, Cutuli e Stefanini abbiano vissuto nei giorni scorsi a Barcellona.

Immaginate infatti, per un momento, un ragazzo di 16 anni che conquista la Davis Cup Junior, che vive una settimana esaltante, in un bel circolo di una bella città come Barcellona, con il pubblico sugli spalti, un’organizzazione (crediamo) perfetta, tecnici federali e coach privati al seguito. Insomma: la manifestazione perfetta. Immaginate, ora, un ragazzo di 16 anni che la settimana successiva si ritrova a disputare un 10.000$. Immaginatelo mentre scende in campo in un circolo della periferia di Almaty, in Kazakistan. Un campo in cemento con le righe disegnate e irregolari, un arbitro di sedia alle prime armi, un avversario di 28 anni, numero 450 Atp, che non gioca un tennis fantastico, ma che allo stesso tempo non molla un punto; che annulla le palle break con il servizio e sfida il ragazzo con uno sguardo intenso mentre gli strappa il servizio.

Un esempio come un altro.

La vittoria nella Davis Cup Junior dimostra un livello tecnico-tattico e probabilmente fisico molto elevato. Una base importante, fondamentale, ma semplicemente di partenza. Nei tornei junior si vince grazie al proprio tennis e, perché no, anche grazie alla capacità mentale di tenere duro nei momenti importanti e salienti di un match. Ma è dopo i primi futures, dopo aver affrontato il tennis vero, che si può iniziare ad intuire quanto un tennista possa davvero scalare il ranking Atp. Ed è lì che si comincia a costruire l’uomo-tennista, che pian piano si staccherà dal ragazzo di talento-tennista appena uscito dai tornei junior.

Ed è qui che entra in scena, in maniera decisiva, il coach. Come ripete sempre Alberto Castellani: “Prima bisogna formare l’uomo, poi il tennista”. E non vi è nulla di più vero…

Detto ciò, facciamo infiniti complimenti a Gianluigi Quinzi, Filippo Baldi, Mirko Cutuli e Jacopo Stefanini per la splendida affermazione, che a prescindere da come andrà la loro carriera nessuno potrà portar loro via e allora stesso tempo ci rivolgiamo ai loro allenatori, al loro staff e anche alle loro famiglie. Il difficile (e bello) deve ancora iniziare…

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