Riflessioni sull’ITF World Tennis Tour: cosa va e cosa non va

Che il nuovo ITF World Tennis Tour, per alcuni più noto come “Transition Tour”, avrebbe portato scompiglio nel mondo del tennis “minore” era piuttosto prevedibile. Erano passati tanti anni dagli ultimi grandissimi cambiamenti, che risalivano all’eliminazione dei circuiti satellite (a livello maschile). L’intento della riforma era chiaro: ridurre drasticamente il numero di giocatori e giocatrici presenti nelle classifiche Atp e Wta, con l’obiettivo di non portare ad un salasso economico tutti quei ragazzi che, non primeggiando nei tornei futures, andavano incontro settimanalmente a ingenti perdite economiche.

In pratica, non potendo (o non volendo?) alzare ulteriormente il montepremi dei tornei minori si è pensato che, così facendo, in molti avrebbero rinunciato ad inseguire il loro sogno e non ci sarebbero state più polemiche sulla quantità di ragazzi che perdevano migliaia di euro ogni anno. Sono bastate poche settimane però per capire che con questo nuovo sistema, e soprattutto con l’introduzione del doppio ranking, non sia stato fatto il bene di nessuno.

Gli unici a “beneficiarne” sono stati quei giocatori uomini che, grazie ai posti in più nei tabelloni principali dei challenger, hanno la certezza di giocare quasi ogni settimana a quel livello, potendo incrementare il proprio bottino di punti senza doversi preoccupare di venire superato da chi primeggia nei tornei minori. I giocatori hanno subito preso iniziative per farsi ascoltare, creando gruppi di discussione e protesta sui vari social network, e soprattutto tempestando l’ITF con email e telefonate. C’è stata anche una petizione che ha raccolto oltre 15000 firme. I temi principali sono fondamentalmente due: la drastica riduzione dei posti nelle qualificazioni, scesa a 24 per qualsiasi evento, e il suddetto doppio ranking. Per quanto riguarda le qualificazioni, l’ITF si è presto accorta di aver fatto un clamoroso autogol e sta cercando di correre ai ripari (da aprile saranno a 32), pur limitata dall’obbligo presente da quest’anno di concludere i tornei in massimo sette giorni. Tagliare così tanti posti nelle qualificazioni ha tolto la possibilità a centinaia di ragazzi e ragazze di competere. Sia a chi voleva iniziare a confrontarsi con questo mondo, sia a chi già lo frequentava ma non disponeva di una buona classifica. È questo a mio avviso l’errore più grande presente nella riforma. Non si dovrebbe impedire di inseguire un sogno, qualunque esso sia.

Credo che nei limiti della legalità e decenza, senza creare danni agli altri, ognuno sia libero di fare ciò che crede meglio per se stesso. Si deve tornare a dare la possibilità a tutti di provarci. I più meritevoli emergeranno, gli altri no. Come è sempre stato. Per quanto riguarda il doppio ranking invece la soluzione sarebbe molto più semplice da trovare, ma il problema è che tra l’ITF e ATP-WTA pare non esserci grande collaborazione e chiarezza al riguardo. Quello che è certo è che chi gioca non può preoccuparsi di entrambe le classifiche. I primi del ranking ITF hanno alcuni posti riservati nei tornei di montepremi superiore, ma se non riescono in poco tempo a costruirsi una classifica Atp o Wta sufficiente per poi accedervi, perdono ovviamente quel privilegio, e devono ricominciare a macinare (tanti) punti nei tornei minori. Per non parlare delle programmazioni alquanto bizzarre alle quali vengono quasi costretti per poter giocare più possibile challenger e 25000$.

Ci sono poi quei ragazzi/e che hanno una classifica (400-600) che permetteva loro di confrontarsi con le qualificazioni di tornei con montepremi maggiore, per provare a crescere ed alzare il proprio livello. Ora senza l’ausilio delle WC questo è impossibile. Se la volontà di Atp e Wta è quella, comprensibile e condivisibile, di avere meno giocatori nel ranking, e di non permettere grosse scalate in classifica solo grazie ai 15000$, le soluzioni paiono piuttosto semplici. Per avere classifiche più snelle basterebbe assegnare punti solo dai quarti di finale e addirittura, adeguando ovviamente il montepremi, ripristinare i satelliti, dove a prendere punti erano più o meno 24 giocatori sugli 80 circa che ne prendevano parte (in caso di qualificazioni a 64). Sembra anacronistico, ma erano e credo sarebbero ancora un’ottima “scuola” soprattutto per i più giovani. Per le ragazze già in passato era più complicato entrare in classifica (serviva “andare a punti” in tre occasioni), ma ritengo che anche per loro un circuito con le stesse regole dei satelliti, magari leggermente più breve (tre settimane al posto di quattro), sarebbe una soluzione interessante.

Per evitare invece che ci siano giocatori con ottime classifiche costruite praticamente solo grazie ai tornei minori, basterebbe assegnare meno punti a questi tornei, o in alternativa imporre degli obblighi come avviene per i primi del ranking. Se si ha una determinata classifica si può avere nel best 18 o 16 solo un numero limitato di risultati provenienti dai $15000 e/o $25000. L’impressione purtroppo è che ci siano delle questioni (diritti per le scommesse, Olimpiadi, Coppa Davis, Atp Cup…?) che portano i tre organi sovrani del tennis a farsi dei dispetti,  non volendo ammettere che questa riforma, arrivando a scontentare praticamente tutti i giocatori, è stata un flop. In questo modo le tempistiche per trovare degli aggiustamenti, che come abbiamo visto sarebbero piuttosto semplici ed immediati, si continuano ad allungare, e nel frattempo a farne le spese sono gli incolpevoli protagonisti che vanno in campo. Che vorrebbero inseguire un sogno. Qualunque esso sia.

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