Caro Fabio, ti scrivo…

Fabio Fognini

di Leonardo Caperchi

caperchiFabio mi fa soffrire come un cane perché gli voglio davvero bene. L’ho visto essere il solito ragazzino quattordicenne italiano senza arte né parte, con zero conoscenza, mi fa soffrire vedergli dimenticare dove sia partito e cosa stia realizzando. È il più grande tennista italiano degli ultimi 35 anni, migliore di talenti fenomaneli come Omar Camporese e Paolo Canè, ma anche di gente tosta come Andrea Gaudenzi, Renzo Furlan e Andreas Seppi. Mi fa soffrire pensare che il primo giorno che sono arrivato ad Arma di Taggia (oggi si conosce molto di più grazie a lui, al tempo il nome mi faceva sorridere) gli ho portato un asciugamano del Roland Garros. Fabio, con gli occhi di fuori per la sorpresa e felice come un ragazzino appassionato di tennis, si chiedeva e mi chiedeva: “Ma perché?”. La risposta fu che i sacrifici che gli avrei chiesto di fare erano nella sola direzione di vincere partite sui campi del Grand Slam.

Ricordo ancora che Fabio stava seduto (praticamente sdraiato) su una panchina del “mio” campo 4, mi guardava come se fossi pazzo e senza la minima idea di comprensione di ciò di cui stavo parlando. Ricordo quando su un campo in erba spelacchiata si cambiò la maglietta dopo la prima seduta fisica e io quasi volevo scappare a gambe levate davanti a quelle spallucce da bambino quattordicenne. Venivo da esperienze con atleti tosti come Andrea Gaudenzi e altri tennisti del circuito e lo shock iniziale fu grande. Ma avevo energia e una gamba di un ragazzino che immaginavo poter diventare un missile

Cosa sta accadendo? Penso che si stia dimenticando da dove è partito, in un periodo in cui diventare pro sembrava davvero difficile, per non parlare di top-50 o top-20 e il non pronunciabile top-10. Penso che sia un grande competitor per questo gareggia e che se questa innata, istintiva e primordiale competitività fosse aggiunta alla ormai grande esperienza e conoscenza potrebbe diventare micidiale. Magari ha già dato il meglio ma non deve rinunciare a lavorare su se stesso e provare a divertirsi, a sentire da dove è partito e con quale spirito di conquista, sentirne l’orgoglio e la soddisfazione, tentare l’assalto ai suoi limiti, non solo mentali ma anche di gioco. Il servizio e la fase offensiva devono a questo punto essere molto più efficaci e le gambe esplosive devono essere al servizio di quella fase (e della battuta) oltre che della grande difesa

Penso anche che nel suo essere un buono e un giocherellone debba costruirsi un ambiente migliore per la gestione di questi ultimi 3-6 anni di carriera. Un atleta di quel livello deve costruirsi un ambiente di grande qualità e Fabio nell’essere buono lascia spazio a giullari e portaborse che non aiutano nella costruzione della mentalità.

Penso anche che Fabio debba essere aiutato e questo deve farlo chi gli sta vicino, anche sbattendo il pugno sul tavolo o magari con un sorriso deciso a ridurre il numero di gare a favore della qualità, a costo di vederlo perdere inizialmente posizioni nel ranking, ma mettendo Fabio davanti a situazioni in cui non deve avere mille tornei per esprimersi ma poche manifestazioni, ovviamente importanti, costringendolo a tirare fuori il meglio di sé in condizioni di freschezza. Penso anche che i mesi di gennaio, febbraio e marzo siano stati, tra viaggi e partite, un peso che si è fatto sentire a lungo termine nella stagione.

Fabio non mi prendi in giro, lo so che soffri anche te come un cane, pensa bene da dove sei partito e non dare nulla per scontato, guardati dagli adulatori e circondati di affetti e gente seria. Gente che sappia dirti di no e sappia da dove sei partito, un ragazzino come tanti. Il primo che ha rotto un muro… e ne è uscito un poco insanguinato.

Con affetto,

Leo

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