Massimo Ardinghi: “I Progetti sono importanti, ma sono gli uomini che fanno la differenza”

Spazio Tennis ha incontrato il coach internazionale Massimo Ardinghi, Direttore Tecnico della Firenze Tennis Academy. Massimo, che in carriera ha raggiunto la posizione 190 in singolo e 102 in doppio, ci ha raccontato inizialmente del suo lavoro, per poi spaziare sui problemi del tennis italiano; non è mancata l’analisi sulla mancanza di coach di livello e sulla differenza di risultati tra ragazzi e ragazze.. Un’intervista molto interessante che tocca alcuni punti tanto delicati quanto fondamentali del nostro movimento..
Massimo Ardinghi
di Alessandro Nizegorodcew
Allora Massimo, iniziamo dal tuo lavoro di Direttore Tecnico della Firenze Tennis Academy. Come procede?
Il lavoro al circolo del tennis firenze procede bene, anche se come in tutti i posti di lavoro ci sono delle persone invidiose che cercano sempre di mettere qualche malumore; ma cose di ordinaria gelosia che regna sovrana nelle persone piccoline.. Se fossero più impegnate, magari a lavorare, avrebbero meno tempo per coltivare i semi della discordia.
Vorrei analizzare con te le giocatrici che stai seguendo, iniziando da Ksenia Palkina, che è intorno al numero 200 Wta..
Ksenia Palkina è una giocatrice potenzialmente molto forte, ma ancora acerba da alcuni punti di vista, come quello tattico, ma anche di gestione del match e della vita privata. Se riusciamo a mettere equilibrio dentro la sua mente, ordine e disciplina, sicuramente potrà raggiungere posizioni importanti nel ranking e quando intendo importanti penso alle top 100 della classifica mondiale. Gli obiettivi del 2010 sono appunto migliorare i difetti sopra elencati, per avvicinarci a quelle posizioni che ti permettono di entrare nei tabelloni principali degli slam.

Per quanto riguarda le altre ragazze?
Per quanto riguarda le mie altre allieve, stiamo lavorando per cercare di farle rendere al massimo del loro potenziale. Tutte le mie giocatrici hanno caratteristiche tecniche e mentali diverse. Nicole Clerico, attualmente 450 Wta in singolo e 170 Wta in doppio, è una ragazza che può variare molto i colpi con cambi di traiettorie e discese verso la rete; Martina Caciotti, 700 Wta in singolo e 450 Wta in doppio, è invece più incontrista e predilige un atteggiamento mentale più prudente; Tammi Patterson 695 Wta è invece una giocatrice molto potente con un buon servizio e colpi a rimbalzo importanti; Indra Bigi è una giovane interessante, classe 1992, che si toglierà delle soddisfazioni nei prossimi anni, molto grintosa e determinata; Maria Masini, classe 1994, è la speranza dell’accademia; è una giocatrice molto potente, che deve migliorare la rapidità dei piedi. Senza dubbio anche lei si toglierà delle soddisfazioni ed è già nel giro della nazionale under 16.
Mi devi però spiegare come è finita un’australiana a Firenze..
Ho conosciuto Tammi Patterson durante dei chalenger in Australia; la sua ex allenatrice mi ha chiesto se potevo seguire Tammi in maniera professionale più di quello che poteva fare lei e quindi è venuta in Italia. Dopo un periodo di prova che serviva ad entrambi per capire se era possibile lavorare insieme, ci siamo trovati bene e con la famiglia abbiamo deciso di iniziare questa difficile avventura.
Veniamo ad argomenti più generali. Si parla molto, dopo la disfatta del tennis maschile a New York e a Melbourne, della differenza di rendimento tra settore femminile e maschile. Massimo, tu che idea ti sei fatto?
Per quanto riguarda la differenza di risultati del tennis maschile e di quello femminile, posso dire che la concorrenza e la selezione fra i maschi è molto dura, non che per le femmine sia una passeggiata… Probabilmente le nostre donne sono più determinate dei nostri uomini e quindi ottengono più risultati. Spesso quando un giocatore entra nei top 100 mondiali perde un po’ di fame, perché inizia a fare una vita molto agiata e piena di attenzioni e quindi se non ha una guida molto forte vicino, che magari gli faccia notare che i traguardi non sono stati ancora raggiunti, allora c’è il rischio di sedersi un po’ e adagiarsi sugli allori e dopo sono dolori. E’ difficile comunque arrivare in alto, ma con questa distribuzioni di punti è più facile rimanerci. Non bisogna dimenticare che comunque i nostri migliori giocatori sono il patrimonio del tennis italiano e vanno rispettati e motivati a partire anche dalla stampa sportiva. Per me, che ho fatto il giocatore e quindi so quanto sia difficile questo mestiere, ritengo che i giocatori già sotto la 120esima posizione ATP debbano essere considerati dei campioni e non dei giocatori mediocri.
Nell’intervista che ci avevi rilasciato a settembre del 2009, avevi sostanzialmente detto che da noi, per fare passi avanti, ci vorrebbero meno politica e più sport. In più avevamo parlato della difficoltà del rapportarsi tra coach privati e federazione. Il fatto che Trevisan ora si alleni con Fanucci e Miccini con Rianna, può essere un segnale di avvicinamento? Il progetto del decentramento e di attivare alcuni Centri Periferici di Allenamento, a tuo avviso, può essere un fattore finalmente positivo?
Per quanto riguarda il probabile avvicinamento della FIT verso un’ottica di apertura nei confronti del coach, non saprei dire… Quando si parla di centri regionali per controllare meglio la situazione, bisogna vedere se sia un bene o un male; talvolta un tumore senza metastasi si può estirpare senza troppi danni, ma se ci sono anche le metastasi allora il panorama clinico si complica notevolmente. Il problema secondo me non è se qualcuno controlla il movimento dei nostri giovani ma chi li controlla. Voglio dire che sono gli uomini che fanno la differenza, non le idee o progetti rubati qua e là, magari ad altre nazioni. Bisogna usare l’ingegno italiano, bisogna che chi lavora a capo di questi centri federali regionali siano veramente persone all’altezza; e visto tutte le regioni che ci sono in Italia e quanto la FIT possa pagare lo stipendio di un TECNICO serio, ho dei forti dubbi sulla riuscita di questo ennesimo tentativo, direi disperato.
In conclusione, una domanda secca: Come mai ci sono così pochi coach internazionali di livello in Italia?
Guarda Alessandro, per diventare un buon coach ci vogliono elementi fondamentali quali la voglia di sacrificarsi insieme al proprio allievo/a, la passione, la competenza, la serietà, l’umiltà, la determinazione, la pazienza e un pizzico di follia… Ecco forse perché non ci sono tanti coach in Italia..
Grazie Massimo e buon lavoro..
Grazie a te e a tutti i lettori di Spazio Tennis..

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