Alla scoperta di Francesca Brancato

di Marco Mazzoni (Foto Mazzoni)

Di Francesca Brancato avevo sentito parlare da tempo, come una di una delle ragazze più interessanti nel nostro panorama tennistico junior. Ghiotta quindi l’occasione di conoscerla alla recente 6 Nations Tennis Cup di Torino, dove ha giocato (molto molto bene) e vinto tutti i suoi incontri, risultando quindi decisiva per il successo dell’Italia nella manifestazione.

Tra i moltissimi under 16 in campo, alcuni di ottimo livello e prospettiva, il tennis di Francesca è uno di quelli che più mi ha intrigato. Perché? Il tutto si racchiude in una parola: fluidità.

La Brancato già dai primi colpi ti colpisce per la fluidità con cui esegue non solo il gesto tecnico, ma con cui arriva sulla palla, “swinga”, impatta e chiude il colpo. Il tutto è eseguito con una tale armonia e sincronia da apparire quasi lenta, ma invece la palla esce retta e veloce dalle sue corde, grazie ad un timing eccellente ed alla capacità di portare il peso del corpo sulla palla, senza strappi o eccessi di slanci. Idem per il modo in cui arriva sulla palla, passi quasi felpati, ma sicuri, con cui non è quasi mai fuori equilibrio, neppure quando deve scattare per un recupero, riuscendo a mantenere una buona stabilità usando benissimo le caviglie ed il piegamento delle ginocchia. Una naturalizza figlia di un talento non indifferente, ma anche della capacità di leggere lo scambio, che difficilmente la fa partire in ritardo sul colpo dell’avversaria.

Questa fluidità, capacità di controllo e spinta è evidente soprattutto a sinistra col rovescio, un colpo veramente sontuoso che analizzerò più nel dettaglio; ma anche sul lato destro non affatto male. E’ molto brava a cercare con i piedi la giusta distanza dalla palla, con il corpo che accompagna alla perfezione l’apertura e quindi la pone nella condizione ideale per tirare colpi vincenti. Mi ha stupito molto questa situazione di gioco, che più volte ha controllato con grande maestria: correndo sulla destra per impattare un colpo abbastanza angolato, diciamo all’altezza del corridoio, Francesca è arrivata comoda sulla palla con piccoli passi, aprendo quindi le gambe in leggera spaccata al momento dell’apertura ed entrando sulla palla senza cadere indietro. Ogni volta tirava dei cross molto veloci, stretti e mai strappati o con eccesso di rotazione, a sorprendere la rivale che pensava di averla messa in difficoltà con una palla piuttosto angolata. Sul diritto invece mi è piaciuta di meno quando è stata costretta ad impattare palle alte e molto cariche, che ha governato relativamente bene ma senza riuscire a spingere con altrettanta forza, forse anche per la sua meccanica esecutiva che è piuttosto piatta e non cerca quasi mai topspin estremi. Del resto, Francesca pare proprio una giocatrice di velocità e di tocco, non di bruta potenza in spinta.

Ma torniamo al rovescio, la vera meraviglia del suo gioco, e colpo capace di fare la differenza sia in spinta che in difesa. Lo gioca bimane, ma è estremamente sensibile, come ha dimostrato più volte quando ha staccato la mano con disinvoltura, trovando soluzioni tagliate davvero insidiose, con la palla che sibilava veloce e molto bassa, lunga e complessa da rigiocare. Una bellezza per gli amanti del gioco classico come la testa della sua racchetta scende sotto la palla e torna su, alta, ampia. Regale. Il segreto del suo rovescio bimane in spinta è la coordinazione con cui arriva al momento ideale per l’impatto. E’ sempre molto raccolta, in anticipo, con la gamba destra che ben si pianta al terreno per scaricare sulla palla tutto il peso del corpo. Apre poco, con il busto che ruota di quel tanto che basta a portare appena dietro la racchetta e lasciar partire le due braccia, che con ugual spinta si avventano velocissime sulla palla, aggredendo l’impatto ben davanti al corpo e terminando la corsa non così lateralmente ma leggermente verso l’alto. Una esecuzione personale e naturale, del tutto decontratta, che riesce a generare colpi vincenti grazie alla sua velocità e timing. Non ho notato una particolare differenza tra colpo cross e lungolinea, ha trovato winner in entrambe le direttrici; quello che si è notato benissimo è la difficoltà per l’avversaria di leggere il colpo, perché il tutto avviene in modo rapidissimo e senza sostanziali differenze di approccio alla palla.

A questa bellezza stilistica si aggiunge un’altra qualità fondamentale: la sua capacità di cambiar ritmo. Non è la classica produttrice di gioco in spinta, tutt’altro. Francesca sa cambiare angoli e velocità di palla a seconda delle situazioni, e questo le da un’arma formidabile per mandare all’aria i piani tattici delle “classiche” picchiatrici, perché con la sua velocità di piedi non è facile sfondarla; e una volta guadagnato campo (o in una posizione favorevole) è capace col suo rovescio di sorprendere l’avversaria e trovare o un vincente oppure un contropiede micidiale, soprattutto quando tocca la palla con uno “strettino” velenosissimo, che beffardo muore poco al di là della rete.

Il punto debole del suo gioco è oggi certamente il servizio, un colpo fluido ma non così veloce, che può essere aggredito dalle avversarie. In campo Francesca pare starci molto molto bene, serena, estremamente concentrata e attenta a come si svolge la partita. I match visti a Torino sono stati relativamente “facili”, quindi la vorrei rivedere contro avversarie che riescano a metterla più sotto pressione; magari contro ragazze molto potenti, per capire quanto la sua fase di difesa e cambio di ritmo riesca a reggere anche velocità di palla consistenti.

Di sicuro averla potuta ammirare e conoscere è stata una scoperta molto piacevole. Visto che è una ragazza simpatica e solare, un piccolo consiglio finale: forse qualche sorriso in più in campo dopo un bel winner non sarebbe male!

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