Maria Adele e Gianluca Bondioli: “Tennis e scuola possono coesistere”


Federico Bondioli è una giovane speranza del tennis italiano, nato a maggio del 2005. Campione italiano in doppio e semifinalista in singolo, la Federazione gli ha messo gli occhi addosso, convocandolo in diversi raduni e sarà tra i protagonisti delle prossima Winter Cup, in cui dovrà difendere i colori azzurri assieme a Filippo Mazzola e Matteo Ricci, nella più importante competizione a squadre europee riservata agli under 12. Federico ha anche disputato un ottimo Lemon Bowl, in cui è arrivato fino alla finale nella categoria degli under 12, battuto solamente da Giacomo Nosei dopo una finale combattutissima.
Incontriamo i genitori di Federico, papà Gianluca e mamma Maria Adele, per affrontare tutti i problemi, ma anche tutte le soddisfazioni che un giovane promettente tennista porta, sconvolgendola, nella famiglia.
Gianluca Bondioli è uno sportivo da sempre, ha giocato a calcio, a tennis e poi è stato uno dei migliori interpreti italiani del beach tennis, portandosi dietro spesso il piccolo Federico nella sue gare nelle spiagge di tutta Italia e trasmettendogli la passione per la racchetta. Maria Adele Natali è invece un’insegnante, che mette tutto il suo impegno per aiutare Federico (e forse anche Gianluca) ad organizzare e gestire scuola,  tennis e tutti gli impegni familiari.
Federico e Giancluca BondioliGianluca, hai trasmesso tu la passione per la racchetta a tuo figlio vero?
Sì, in passato ho giocato a calcio, a tennis e poi mi sono dedicato al beach tennis, togliendomi anche qualche soddisfazione vincendo competizioni importanti. Poi ho fatto anche il maestro in questa disciplina per alcuni anni. Adesso, da quando Federico gioca a tennis ad un certo livello, ho dovuto quasi smettere il mio sport, ma la passione non è mai passata.
Quando ha iniziato Federico ad avvicinarsi al tennis?
Federico ha preso la prima racchetta in mano a diciotto mesi. Noi andavamo in giro per l’Italia con il camper per permettermi di giocare a beach tennis. Lui vedeva le mie racchette e le prendeva in mano, chiaramente strisciandole a terra perchè erano troppo pesanti, ma ha subito avuto una grande attrazione per le racchette. Pensa che quando ha fatto l’inserimento al nido, le educatrici hanno chiesto di lasciargli un gioco o un oggetto a lui particolarmente caro e lui ha scelto di portarsi la racchetta da ping pong.
Quindi è stato un passo naturale fargli fare i primi allenamenti di tennis?
Sì, lui avrebbe voluto già a quattro anni andare sui campi e provare, ma era troppo piccolo e quindi ha iniziato ad allenarsi sui campi a cinque anni. E’ stata una passione che non ha mai avuto cali. Ora si è un po’ invaghito del basket, ma il tennis è sempre al primo posto delle sue passioni.
Immagino quindi la gioia di Federico di poter partecipare a una grande kermesse come è stato il Lemon Bowl…
Federico adora il Lemon Bowl. E’ già il terzo anno che veniamo. Due anni fa aveva fatto la finale nell’under 10 e quest’anno ha fatto finale nell’under 12. Si diverte tantissimo. Si ritrova con tanti ragazzi della sua età. Peccato quest’anno per il vento e il tempo inclemente, ma tutto serve per fare esperienza e abituarsi a condizioni particolare.
Avete già stabilito una programmazione di massima per quest’anno per Federico?
La prossima settimana partirà con la nazionale per disputare in Ucraina la fase eliminatoria della Winter Cup. Se riusciranno a passare il turno andranno in Repubblica Ceca dal 10 al 12 febbraio a disputare la fase finale. Poi disputerà i cinque tornei del circuito ETA che si svolgono in Italia, Maglie, Padova, Trieste, Porto San Giorgio e Rezzato, poi durante l’estate faremo un paio di tornei ETA all’estero, in Europa, dobbiamo ancora stabilire quali, che credo saranno concordati con la federazione.
Federico ha piacere se tu e tua moglie lo andate a guardare mentre gioca oppure gli mettete più pressione addosso se siete presenti a bordo campo o sugli spalti?
Lui ha sicuramente piacere, certo, al limite a livello inconscio, una certa ansia e un po’ di pressione gliela mettiamo sicuramente con la nostra presenza, ma è giusto che impari a controllare anche la pressione che sarà sempre maggiore.
All’età di Federico, il tennis è ancora solo un gioco oppure è già diventato qualcosa di più importante e impegnativo?
No, non può essere considerato solo un gioco. Ha allenamenti costanti e rigorosi, deve stare attento a quello che mangia, non può uscire con gli amici tutte le volte che vorrebbe, è un impegno che va ben al di là del gioco. Federico deve fare tanti sacrifici per poter essere ai livelli a cui è arrivato. I compiti li fa la sera tardi, quando è stanchissimo, quando è assente a scuola per giocare tornei, poi deve recuperare gli appunti e fare il doppio della fatica per restare a pari con la scuola. Tutto questo non può dipendere da un gioco o da un semplice passatempo.
Come riuscite ad organizzarvi per far conciliare tennis, studio di Federico e gli impegni vostri lavorativi?
E’ molto difficile ma ci riusciamo perché soprattutto mia moglie riesce ad aiutare Federico con la scuola e ad organizzare alla perfezione tutti i nostri impegni. Certamente le ferie vengono programmate in base ai tornei di Federico, i sacrifici sono tanti, ma si fanno con piacere.
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Ed ecco la mamma di Federico, Maria Adele Natali, insegnante alla scuola secondaria di primo grado che frequenta anche Federico e, come spesso accade in tante famiglie italiane, vero e proprio tuttofare, che organizza e gestisce le giornate di Federico, accompagnandolo agli allenamenti, aiutandolo con i compiti e lo studio e tenendo in piedi i delicati rapporti con la dirigente e tutti gli altri insegnanti della scuola frequentata da Federico.
Maria Adele, come riesci a gestire tutte le attività di tuo figlio?
Certamente non è facile. Federico, come i tutti i ragazzi che praticano tennis ad un certo livello, ha una serie di impegni, che sono fuori dal comune alla sua età. Va a scuola, mangia velocemente, poi deve correre ad allenarsi, ritorna stanco, ma deve iniziare i compiti e lo studio. Questo nelle giornate “normali”, poi quando ci sono i tornei, è ancora tutto più frenetico, perché prima cerca di mettersi avanti con lo studio e con i compiti e, al ritorno, bisogna recuperare tutto quello che ha perso a scuola. Fra l’altro al sabato e alla domenica va al CPA di Lugo di Romagna, quindi non c’è mai molto tempo da dedicare a studio o al tempo libero. Io cerco di fare quello che posso per aiutarlo negli spostamenti, per fargli perdere il meno tempo possibile e soprattutto per aiutarlo nello studio e nei compiti.
Lavorare nella stessa scuola frequentata da Federico e quindi conoscere i suoi insegnanti comunque è un vantaggio vero?
Sicuramente. Io ho la fortuna di aver trovato una dirigente scolastica che assolutamente ha compreso la situazione e sta facendo di tutto per venirci incontro. So perfettamente che in tante altre scuole, alcuni colleghi e dirigenti non favoriscono, anzi in qualche modo, ostacolano l’attività sportiva (non solo tennistica) di ragazze e ragazzi. Noi, in questo senso, siamo stati molto fortunati. Anche le insegnanti e i compagni di classe di Federico cercano di aiutarlo come possono, soprattutto la preside chiede sempre della sua attività, lo supporta in tutti i modi. Poi lui ci mette del suo, nel senso che a scuola è molto bravo e diligente e si impegna veramente tanto per non restare mai indietro.
Come vi siete organizzati per far perdere meno lezioni possibili a Federico?
Quando sono previste assenze per disputare dei tornei, come succederà tra poco, perché Federico andrà in Ucraina a giocare la Winter Cup e poi se supereranno il turno, in Repubblica Ceca, io chiedo la programmazione a scuola nei giorni in cui sarà assente e poi, piano piano, giorno per giorno, facciamo un programma di studio per metterlo avanti nelle lezioni a casa di sera. Qualcosa resta indietro e, appena rientra, sempre con un programma di recupero giornaliero, concordato con le sue insegnanti, cerchiamo di tornare a pari nel minor tempo possibile.
Anche a scuola so che Federico usa la lezione di educazione fisica per allenarsi a tennis, raccontaci questa iniziativa, molto rara nelle scuole.
Sì, educazione fisica è stata programmata alle ultime ore del giorno e lui è autorizzato a uscire ed andare ad allenarsi a tennis invece che frequentare con i compagni. Un progetto molto interessante che permette a Federico di utilizzare queste ore per gli allenamenti.
Quindi è possibile conciliare tennis e studio in Italia?
Io stessa, da madre e da insegnante, da un paio di anni mi pongo questo interrogativo e qualche volta sono un po’ pessimista perché vedo le fatiche che fa Federico e facciamo anche noi in famiglia per seguirlo. E’ inutile negare che il percorso scolastico che sta facendo Federico sia un po’ lacunoso e frammentario e andando avanti, alle scuole superiori e con maggiore frequenza di tornei, lo sarà sempre di più. Però vedo che Federico si impegna tanto, che crede in tutto quello che fa e allora penso che con l’impegno di tutti i soggetti coinvolti, ragazzi, famiglie, scuola, sia possibile farcela. Ci vuole sicuramente condivisione di intenti da parte di tutti, un po’ di flessibilità e tanto impegno, ma è possibile riuscire nell’impresa.
State aiutando Federico a vivere il suo sogno di diventare un professionista nel tennis, condividi?
Certamente, quello è il suo sogno e non mi sembra giusto fermarlo o non assecondarlo per almeno lasciargli la speranza di portarlo a compimento. Se poi, per qualsiasi motivo, non arriverà a realizzarlo, sarà stata comunque un’esperienza di vita importante che lo sta aiutando a crescere. Anche al Lemon Bowl, ci sono state diverse esperienze importanti, ad esempio vivere nei bungalow, senza i genitori, doversi fare il letto, gestire le giornate da soli, tutte esperienze di vita importanti. Federico sta imparando giorno dopo giorno a gestirsi le proprie attività. L’ultimo giorno erano rimasti solo lui e Nosei che dovevano disputare la finale la mattina successiva. Tutti gli altri ragazzi sono andati a divertirsi per l’ultima serata assieme, lui ha deciso autonomamente di andare a letto da solo alle 21.15 perché sapeva che la mattina dopo doveva giocare. E’ stata una grande dimostrazione di responsabilità, che forse vale più di un dritto o di un rovescio ben piazzato.

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